Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello sulla Pena Minima è Controproducente
L’esito di un processo penale può spesso lasciare insoddisfatti, ma è fondamentale valutare con attenzione le basi giuridiche di un’eventuale impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le gravi conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando questo si fonda su motivi palesemente infondati, come la contestazione di una pena già fissata al minimo previsto dalla legge. Comprendere questa dinamica è cruciale per evitare non solo una sconfitta legale, ma anche un aggravio di costi.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. Il ricorrente lamentava un’eccessività della pena che gli era stata inflitta. L’oggetto della doglianza era, quindi, la presunta sproporzione della sanzione decisa dai giudici di secondo grado, un motivo di appello piuttosto comune nei procedimenti penali.
Tuttavia, l’analisi del caso ha rivelato un dettaglio fondamentale: la pena applicata dalla Corte d’Appello non era affatto sproporzionata, bensì era stata calcolata e determinata nel rispetto del minimo edittale, ovvero il limite più basso consentito dalla legge per quel specifico reato.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha emesso un’ordinanza che ha tagliato corto ogni discussione. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma si ferma a un livello preliminare, constatando l’assenza dei presupposti per un valido esame della richiesta. La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato, un vizio così evidente da non richiedere un’analisi approfondita.
Le conseguenze economiche della decisione
In conseguenza della declaratoria di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente a due pagamenti:
1. Il versamento delle spese processuali relative al giudizio di cassazione.
2. Il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa seconda condanna rappresenta una sanzione pecuniaria che la legge prevede per chi intraprende un’impugnazione in modo avventato, aggravando inutilmente il lavoro della giustizia.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte è stata tanto sintetica quanto netta. I giudici hanno spiegato che lamentare l’eccessività di una pena già fissata nel suo limite minimo legale è una contraddizione in termini. Un giudice non può, per legge, scendere al di sotto del minimo edittale; pertanto, una pena così determinata non può mai essere considerata ‘eccessiva’. Il ricorso, basandosi su un presupposto giuridicamente impossibile, è stato quindi ritenuto palesemente privo di fondamento.
La Corte ha inoltre giustificato la condanna alla sanzione pecuniaria richiamando un principio consolidato, avvalorato anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 186 del 2000). Secondo tale principio, quando l’inammissibilità è dovuta a una manifesta infondatezza, si presume la colpa del ricorrente nell’aver adito la Corte. In altre parole, si ritiene che l’impugnante abbia agito con negligenza o imprudenza, presentando un ricorso che non aveva alcuna possibilità di essere accolto. Tale condotta colposa giustifica l’applicazione della sanzione a carico del proponente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione in esame offre una lezione importante: le impugnazioni devono essere basate su motivi seri e giuridicamente sostenibili. Presentare un ricorso inammissibile perché manifestamente infondato non è una strategia processuale neutra; al contrario, comporta conseguenze negative concrete e immediate. Non solo il ricorso viene respinto senza nemmeno essere discusso nel merito, ma il ricorrente si trova a dover sostenere sia le spese del procedimento che una sanzione aggiuntiva. Prima di impugnare una sentenza, è quindi essenziale un’attenta valutazione legale per evitare di trasformare un tentativo di difesa in un ulteriore pregiudizio economico.
È possibile contestare l’eccessività di una pena se è stata fissata al minimo previsto dalla legge?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso basato su tale motivo è manifestamente infondato, in quanto una pena determinata nel minimo edittale non può, per definizione, essere considerata eccessiva.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte a causa di un difetto grave, come la manifesta infondatezza dei motivi. La Corte non decide se il ricorrente ha ragione o torto sulla questione principale, ma si limita a constatare che il ricorso non ha i requisiti per essere giudicato.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è dovuta a colpa (come nel caso di manifesta infondatezza), il ricorrente viene condannato anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27970 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27970 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME
Data Udienza: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sen epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infon ricorrente, infatti, lamenta l’eccessività della pena inflitta benché questa sia stat nel minimo edittale;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al p delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della Ca ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 giugno 2024.