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Ricorso inammissibile pena: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la congruità della pena patteggiata in appello. La Corte ha stabilito che un’impugnazione contro una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. non può basarsi su doglianze generiche sulla misura della pena, ma deve indicare specifici elementi di fatto o di diritto. La decisione sottolinea i limiti del ricorso inammissibile pena in caso di accordo tra le parti.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile pena: quando non si può contestare il patteggiamento in appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione contro una sentenza di appello che ratifica un accordo sulla pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile pena presentato da un imputato, stabilendo che non è possibile contestare genericamente la congruità della sanzione concordata tra le parti senza addurre specifici vizi di legge. Questa decisione rafforza la stabilità degli accordi processuali e definisce con precisione i confini del sindacato di legittimità.

I fatti del caso

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per reati legati agli stupefacenti. In sede di appello, le parti avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, noto come “concordato in appello”. La Corte d’Appello, accogliendo la richiesta congiunta, aveva rideterminato la pena in tre anni e quattro mesi di reclusione e 14.000,00 euro di multa.
Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla congruità della pena applicata. In sostanza, si contestava la misura della pena che pure era stata oggetto di accordo processuale.

La valutazione sul ricorso inammissibile pena da parte della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente. I giudici di legittimità hanno osservato che le doglianze presentate non erano consentite dalla legge. Il ricorso era stato proposto avverso una sentenza pronunciata proprio sulla base di un accordo tra le parti, e le critiche mosse alla congruità della pena erano del tutto generiche.
Il ricorrente, infatti, non aveva fornito alcuna indicazione specifica sugli elementi di fatto o di diritto che avrebbero dovuto fondare la sua contestazione. Secondo la Corte, un accordo sulla pena preclude la possibilità di un successivo ripensamento basato su una mera rivalutazione della sanzione, a meno che non si deducano vizi specifici che abbiano inficiato la volontarietà dell’accordo o la legalità della pena stessa.

Le motivazioni della decisione

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del sistema processuale: la stabilità degli accordi processuali. Ammettere un ricorso generico sulla congruità della pena dopo un concordato svuoterebbe di significato l’istituto stesso dell’art. 599-bis c.p.p., che mira a definire il processo in modo più celere. La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile, ravvisando anche profili di colpa nel ricorrente per aver promosso un’impugnazione priva dei presupposti di legge. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un importante principio procedurale: chi aderisce a un concordato sulla pena in appello rinuncia implicitamente a contestarne la congruità in sede di legittimità, a meno che non vengano dedotti vizi specifici e concreti. La decisione serve da monito, sottolineando che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di merito per rimettere in discussione valutazioni già concordate tra le parti. La conseguenza di un’impugnazione infondata e presentata con colpa è non solo la declaratoria di inammissibilità, ma anche l’imposizione di sanzioni pecuniarie a carico del ricorrente.

È possibile impugnare la congruità della pena dopo un concordato in appello?
No, non è possibile contestare genericamente la congruità della pena definita tramite un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. L’impugnazione è ammissibile solo se si denunciano specifici vizi di legge o vizi della volontà che hanno portato all’accordo, ma non per una semplice riconsiderazione della misura della sanzione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le doglianze erano generiche e non consentite. L’imputato si è limitato a criticare la congruità della pena senza indicare alcun elemento di fatto o di diritto a fondamento della sua richiesta, motivo non valido per impugnare una sentenza frutto di concordato.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso ritenuto inammissibile per colpa?
Il proponente del ricorso inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e, qualora la Corte ravvisi una colpa nella presentazione dell’impugnazione, anche al versamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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