Ricorso Inammissibile Patteggiamento: Limiti e Conseguenze
L’istituto del patteggiamento rappresenta uno strumento fondamentale per l’efficienza del sistema giudiziario, ma quali sono i limiti per impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui motivi che rendono un ricorso inammissibile patteggiamento, sottolineando la necessità di rispettare i confini stringenti posti dal legislatore. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere quando un’impugnazione è destinata a fallire in partenza, con conseguenze economiche per il ricorrente.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di un accordo di patteggiamento con la Procura, aveva ottenuto dal Tribunale di Taranto l’applicazione di una pena di 8 mesi di reclusione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e altro. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un generico “vizio di motivazione” sia riguardo alla sua responsabilità penale sia alla congruità della pena concordata.
La Decisione della Corte: i paletti sul ricorso inammissibile patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso con una procedura semplificata, nota come “de plano”, prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La decisione è stata netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto le motivazioni addotte dal ricorrente non solo generiche, ma soprattutto estranee ai casi tassativamente previsti dalla legge per poter impugnare una sentenza di patteggiamento.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per motivi molto specifici, quali:
* Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato.
* Corruzione del consenso.
* Errata qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena applicata.
Il ricorrente, invece, aveva basato la sua impugnazione su un presunto vizio di motivazione, una doglianza che non rientra in questo elenco chiuso. La Cassazione ha ribadito che il patteggiamento, essendo un accordo tra le parti, cristallizza la responsabilità e la pena, limitando drasticamente le possibilità di un successivo riesame. Un’impugnazione che non si fonda su uno dei motivi elencati dalla legge è, per definizione, inammissibile. La genericità delle lamentele ha ulteriormente rafforzato questa conclusione.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il patteggiamento ha una sua stabilità e non può essere messo in discussione con motivi generici o non previsti dalla legge. Chi accetta di patteggiare rinuncia a un’ampia facoltà di impugnazione in cambio di uno sconto di pena. Tentare di aggirare questa logica presentando un ricorso al di fuori dei binari normativi non solo è inutile, ma anche controproducente. La Corte, infatti, oltre a dichiarare l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una cospicua somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver attivato inutilmente la macchina della giustizia. Questa decisione serve da monito: le impugnazioni devono essere fondate su basi giuridiche solide e pertinenti, soprattutto in ambiti, come quello del patteggiamento, dove il legislatore ha posto limiti precisi.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è consentito solo per i motivi specifici e tassativamente indicati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Non è ammesso per contestazioni generiche sulla responsabilità o sulla valutazione della pena.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico ammontava a 3.000 euro.
Perché il ricorso in questo caso è stato definito generico e proposto fuori dai casi previsti?
Il ricorso è stato considerato generico perché si limitava a lamentare un vizio di motivazione su responsabilità e pena, senza specificare uno dei motivi tassativi previsti dalla legge (es. difetto di consenso o illegalità della pena) per i quali è ammessa l’impugnazione della sentenza di patteggiamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21252 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21252 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TIRANA( ALBANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/10/2023 del TRIBUNALE di TARANTO
e clato AVV_NOTAIO alle parti; j udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 526/24 NOME
OSSERVA
Ritenuto che l’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata che, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. altro, gli ha applicato su richiesta la pena di mesi 8 di reclusione;
che il ricorrente denuncia vizio di motivazione in materia di responsabilità e pena;
che il ricorso, «de plano» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., va dichiarato inammissibile perché generico e proposto al di fuori dei casi previsti dall’art comma 2-bis, cod. proc. pen.;
che segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma equitativamente determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 17/05/2024.