Ricorso Inammissibile Dopo Patteggiamento: La Cassazione Conferma i Limiti
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. La Corte di Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile patteggiamento, ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo tra accusa e difesa cristallizza la responsabilità penale, rendendo molto ristrette le possibilità di un successivo riesame. Questo caso evidenzia le severe conseguenze economiche per chi intraprende un’impugnazione senza solide basi giuridiche.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Padova, emessa con il rito del patteggiamento ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. L’imputato aveva concordato con la pubblica accusa una pena di un anno di reclusione e 2.000 euro di multa. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo dell’impugnazione era unico e specifico: si lamentava un vizio di motivazione da parte del giudice di primo grado, il quale non avrebbe adeguatamente esaminato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
La Valutazione del ricorso inammissibile patteggiamento
Il patteggiamento è una scelta processuale che comporta la rinuncia a contestare nel merito l’accusa in cambio di uno sconto di pena. Per questa ragione, la legge prevede che la sentenza di patteggiamento sia appellabile solo per motivi molto specifici, che non includono, di norma, una rivalutazione dei fatti o della colpevolezza. Il ricorrente ha tentato di superare questo sbarramento eccependo un presunto errore del giudice nel non aver rilevato d’ufficio una causa di non punibilità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto tale doglianza non meritevole di accoglimento, riconducendola a un tentativo di rimettere in discussione il merito della decisione, precluso dopo la scelta del rito speciale.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sul principio del difetto di interesse ad agire, disciplinato dall’art. 591, comma 1, lett. a) del codice di procedura penale. Secondo i giudici, una volta che l’imputato accetta di patteggiare, accetta implicitamente la qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena, rinunciando a sollevare questioni che attengono alla sua colpevolezza. Il controllo del giudice in sede di patteggiamento, compreso quello sulla non evidenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., si considera esaurito con l’emissione della sentenza.
Pertanto, un ricorso che tenti di riaprire questa valutazione è, per la Corte, intrinsecamente inammissibile. Di conseguenza, scatta l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. La norma stabilisce che, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, il proponente deve essere condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di aver agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. In questo caso, la Corte non ha ravvisato elementi per escludere la colpa del ricorrente.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ribadisce un messaggio chiaro: il patteggiamento è una scelta processuale seria e con conseguenze definitive. L’impugnazione successiva è un’eventualità eccezionale e non uno strumento per ottenere un secondo giudizio di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile patteggiamento non è una mera formalità, ma comporta sanzioni economiche significative, come la condanna al pagamento di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, che fungono da deterrente contro impugnazioni dilatorie o manifestamente infondate. Questa decisione sottolinea l’importanza di una ponderata valutazione da parte della difesa prima di aderire al rito speciale, poiché le vie per un ripensamento sono estremamente limitate e rischiose.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per carenza di interesse, poiché i motivi di impugnazione di una sentenza di patteggiamento sono molto limitati e non comprendono una rivalutazione sulla sussistenza di cause di proscioglimento che il giudice di primo grado ha già implicitamente escluso.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non sempre. L’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento è possibile solo per motivi tassativamente previsti dalla legge, che generalmente non riguardano il merito della colpevolezza. Il tentativo di contestare aspetti già coperti dall’accordo tra le parti, come in questo caso, porta a una dichiarazione di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12058 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 05/01/1962
avverso la sentenza del 26/06/2024 del TRIBUNALE di PADOVA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza resa in udienza il 26 giugno 2024 ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il Tribunale di Padova ha applicato nei confronti di NOME la pena di anni 1 di reclusione ed C 2.000 di multa avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione con riferimento alla mancata disamina di eventuali motivi di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che secondo il costante orientamento di questa Corte è inammissibile per carenza di interesse, ai sensi dell’art. 591, comma primo, lett. a) cod. proc. pen., il ricorso per cassazione con cui il responsabile civile si dolga della dosimetria della pena inflitta all’imputato, nel giudizio definito ex art. 444 cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sez. 1 Pen. n. 48309 del 13 novembre 2012);
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024
Il Consigliere este sore t – il Presidente