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Ricorso inammissibile patteggiamento: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento. La Corte ha stabilito che il motivo di impugnazione, relativo alla mancata valutazione di cause di proscioglimento, non rientrava nei casi consentiti, configurando un ricorso inammissibile patteggiamento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Dopo Patteggiamento: La Cassazione Conferma i Limiti

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. La Corte di Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile patteggiamento, ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo tra accusa e difesa cristallizza la responsabilità penale, rendendo molto ristrette le possibilità di un successivo riesame. Questo caso evidenzia le severe conseguenze economiche per chi intraprende un’impugnazione senza solide basi giuridiche.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Padova, emessa con il rito del patteggiamento ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. L’imputato aveva concordato con la pubblica accusa una pena di un anno di reclusione e 2.000 euro di multa. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo dell’impugnazione era unico e specifico: si lamentava un vizio di motivazione da parte del giudice di primo grado, il quale non avrebbe adeguatamente esaminato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Valutazione del ricorso inammissibile patteggiamento

Il patteggiamento è una scelta processuale che comporta la rinuncia a contestare nel merito l’accusa in cambio di uno sconto di pena. Per questa ragione, la legge prevede che la sentenza di patteggiamento sia appellabile solo per motivi molto specifici, che non includono, di norma, una rivalutazione dei fatti o della colpevolezza. Il ricorrente ha tentato di superare questo sbarramento eccependo un presunto errore del giudice nel non aver rilevato d’ufficio una causa di non punibilità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto tale doglianza non meritevole di accoglimento, riconducendola a un tentativo di rimettere in discussione il merito della decisione, precluso dopo la scelta del rito speciale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sul principio del difetto di interesse ad agire, disciplinato dall’art. 591, comma 1, lett. a) del codice di procedura penale. Secondo i giudici, una volta che l’imputato accetta di patteggiare, accetta implicitamente la qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena, rinunciando a sollevare questioni che attengono alla sua colpevolezza. Il controllo del giudice in sede di patteggiamento, compreso quello sulla non evidenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., si considera esaurito con l’emissione della sentenza.

Pertanto, un ricorso che tenti di riaprire questa valutazione è, per la Corte, intrinsecamente inammissibile. Di conseguenza, scatta l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. La norma stabilisce che, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, il proponente deve essere condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di aver agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. In questo caso, la Corte non ha ravvisato elementi per escludere la colpa del ricorrente.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce un messaggio chiaro: il patteggiamento è una scelta processuale seria e con conseguenze definitive. L’impugnazione successiva è un’eventualità eccezionale e non uno strumento per ottenere un secondo giudizio di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile patteggiamento non è una mera formalità, ma comporta sanzioni economiche significative, come la condanna al pagamento di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, che fungono da deterrente contro impugnazioni dilatorie o manifestamente infondate. Questa decisione sottolinea l’importanza di una ponderata valutazione da parte della difesa prima di aderire al rito speciale, poiché le vie per un ripensamento sono estremamente limitate e rischiose.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per carenza di interesse, poiché i motivi di impugnazione di una sentenza di patteggiamento sono molto limitati e non comprendono una rivalutazione sulla sussistenza di cause di proscioglimento che il giudice di primo grado ha già implicitamente escluso.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non sempre. L’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento è possibile solo per motivi tassativamente previsti dalla legge, che generalmente non riguardano il merito della colpevolezza. Il tentativo di contestare aspetti già coperti dall’accordo tra le parti, come in questo caso, porta a una dichiarazione di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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