Ricorso Inammissibile Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti dell’Appello
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale, ma quali sono i limiti per impugnare una sentenza emessa con questo rito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che i motivi di ricorso devono essere specifici e rientrare in un catalogo ben definito, pena la declaratoria di ricorso inammissibile patteggiamento con condanna al pagamento di spese e sanzioni. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Torino. L’imputato, accusato di reati legati agli stupefacenti (previsti dall’art. 73, commi 1 e 4, del d.P.R. 309/1990), aveva concordato una pena di due anni e dieci mesi di reclusione e 12.300 euro di multa. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione, contestando la validità della sentenza.
I Motivi del Ricorso: Critiche Generiche e Non Consentite
Il ricorso si basava su un unico motivo, articolato in due doglianze principali:
1. Vizio di motivazione per la presunta mancata verifica, da parte del giudice, dell’assenza di cause di non punibilità previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
2. Mancata valutazione della congruità della pena applicata, nonostante fosse stata concordata tra le parti.
In sostanza, l’imputato lamentava che il giudice del patteggiamento avesse omesso controlli che, a suo dire, erano doverosi prima di ratificare l’accordo sulla pena.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile Patteggiamento e l’Art. 448 c.p.p.
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento non è libera, ma vincolata a motivi specifici. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i casi in cui è possibile ricorrere, e le critiche sollevate dall’imputato non rientravano in nessuna di queste categorie.
Le Motivazioni della Cassazione
I giudici della Suprema Corte hanno sottolineato come le censure proposte fossero prive di specificità e comunque non consentite. In primo luogo, il ricorrente non aveva fornito alcun elemento fattuale concreto che potesse far sorgere il dubbio sull’esistenza di una causa di non punibilità o sull’incongruità della pena. Le doglianze erano mere affermazioni generiche.
In secondo luogo, e in modo decisivo, i motivi erano del tutto estranei al catalogo previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Questa norma limita strettamente la possibilità di appello contro le sentenze di patteggiamento. Non si può, quindi, contestare la valutazione del giudice sulla congruità della pena concordata o la sua verifica generica sulla punibilità, a meno che non emergano vizi specifici e documentati.
Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile patteggiamento. Ha inoltre ravvisato una “colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità”, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo tra accusa e difesa che, una volta ratificato dal giudice, gode di una notevole stabilità. L’impugnazione è un’opzione eccezionale, limitata a vizi specifici e non a un ripensamento generale sull’opportunità dell’accordo o sulla congruità della pena. Chi intende presentare ricorso deve basare le proprie argomentazioni su motivi concreti e rientranti nelle strette maglie normative, altrimenti il rischio non è solo quello di vedere respinta la propria istanza, ma anche di incorrere in sanzioni economiche.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento è consentita solo per i motivi specificamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi addotti (mancata verifica delle cause di non punibilità e incongruità della pena) erano generici, non supportati da elementi fattuali e, soprattutto, estranei al catalogo di censure consentite dalla legge per questo tipo di sentenze.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Oltre alla conferma della sentenza impugnata, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna a versare 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8998 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8998 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI 06QZDE1) nato 11 11/11/1995
avverso la sentenza del 08/10/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
dato avvi o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMEAi ;
Rilevato che NOMECOGNOME al quale è stata applicata la pena concordata ex art. 444 e ss., cod. proc. pen. di due anni e dieci mesi di reclusione e di 12.300,00 euro di multa, per di cui all’art. 73, comma 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, articolando un unico motivo di ric deduce il vizio di motivazione per la mancata verifica della mancanza di cause di non punibil di cui all’art. 129 cod. proc. pen. e della congruità della pena;
Considerato che il motivo espone doglianze prive di specificità e comunque non consentite, perché le censure proposte non contengono alcuna indicazione degli elementi fattuali che avrebbero dovuto imporre una verifica in ordine alla eventuale sussistenza di cause di no punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., o alla eventuale incongruità della pena, e co sono estranee al catalogo di quelle previste dall’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle caus di inammissibilità;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente