Ricorso inammissibile patteggiamento: la Cassazione chiarisce i limiti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui confini dell’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. La decisione sottolinea la natura eccezionale di questo tipo di ricorso, confermando che un ricorso inammissibile patteggiamento è l’esito inevitabile quando le doglianze sollevate non rientrano nel perimetro ristretto delineato dal legislatore. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere quali sono i motivi validi per contestare un accordo sulla pena e quali, invece, sono destinati a fallire.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa (patteggiamento), veniva condannato dal Tribunale di Savona alla pena di otto mesi di reclusione per un reato previsto dal d.lgs. n. 159/2011. Tramite il proprio difensore, l’imputato decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione.
L’unico motivo di ricorso si basava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione, poiché, a dire della difesa, il giudice di merito avrebbe omesso di valutare la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017 (legge n. 103/2017), ha limitato drasticamente le possibilità di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
I Supremi Giudici hanno ribadito che l’appello è consentito solo per un elenco tassativo di motivi, che non includono la mancata valutazione delle cause di proscioglimento. Di conseguenza, il motivo sollevato dalla difesa è stato considerato estraneo ai casi permessi dalla legge, portando inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile patteggiamento.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si articola su un punto centrale: la volontà del legislatore di definire un perimetro invalicabile per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. elenca specificamente i motivi per cui si può ricorrere:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La doglianza del ricorrente, relativa all’omessa pronuncia ex art. 129 c.p.p., non rientra in nessuna di queste categorie. La Corte ha richiamato un proprio precedente consolidato (Sez. 6, n. 1032 del 2019), secondo cui è inammissibile un ricorso che deduca la violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento. Con la scelta del patteggiamento, l’imputato accetta una definizione del processo che preclude, in sede di legittimità, una rivalutazione che non sia strettamente legata ai vizi elencati dalla norma.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale della procedura penale: la scelta del patteggiamento comporta una rinuncia a far valere determinate doglianze in sede di impugnazione. Chi accede a questo rito speciale deve essere consapevole che le possibilità di contestare la sentenza sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici e formali. Tentare di superare questi limiti, come nel caso analizzato, conduce non solo alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, ma anche alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questa vicenda è stata quantificata in 3.000,00 euro.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’ordinanza chiarisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La mancata valutazione da parte del giudice di una possibile causa di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
No, non è un motivo valido. La Corte ha stabilito che tale doglianza non rientra tra le ipotesi di impugnazione consentite dalla legge, rendendo il ricorso inammissibile.
Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9065 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9065 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in GAMBIA il 09/10/1998
avverso la sentenza del 30/10/2024 del TRIBUNALE di Savona
•
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 30 ottobre 2024, secondo il rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Savona ha applicato a NOME COGNOME la pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 commesso il 03-04/10/2024.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito alla omessa pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, trattandosi di impugnazione proposta avverso una sentenza di applicazione della pena, presentata al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. Tale norma, introdotta dall’art. 1, comma 50, legge n. 103/2017, limita la ricorribilità in cassazione delle sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ai «motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza». Il ricorrente deduce, invece, l’omessa motivazione in merito alla sussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Tale motivo è inammissibile, in quanto non consentito dal codice di rito: deve, infatti, applicarsi il principio dettato da questa Corte, secondo cui «In tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate» (Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, Rv. 278337).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente