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Ricorso inammissibile patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27014/2024, ha ribadito i rigidi limiti per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. In un caso riguardante due imputati, la Corte ha dichiarato il loro ricorso inammissibile poiché basato su un generico vizio di motivazione, un motivo non previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La decisione sottolinea che l’appello contro il patteggiamento è possibile solo per specifiche violazioni di legge, escludendo contestazioni sulla logicità delle argomentazioni del giudice. Di conseguenza, il ricorso inammissibile per patteggiamento ha portato alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti

L’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è un percorso stretto e ben definito dalla legge. Con la recente ordinanza n. 27014 del 2024, la Corte di Cassazione ha confermato che tentare di contestare una sentenza di applicazione della pena per motivi generici, come un presunto vizio di motivazione, porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile patteggiamento. Questa decisione offre un importante chiarimento sui limiti di questo strumento processuale, ribadendo la volontà del legislatore di circoscrivere le possibilità di appello per i riti alternativi.

Il Caso: Un Ricorso Contro una Sentenza di Patteggiamento

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava il ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza di applicazione della pena emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Avezzano. I ricorrenti, attraverso il loro difensore, avevano presentato un unico atto di impugnazione contestando, in termini molto generici, un vizio nella motivazione della sentenza, senza fare alcun riferimento specifico alla vicenda processuale concreta.

I Motivi del Ricorso Inammissibile Patteggiamento: Analisi della Normativa

La Corte di Cassazione ha trattato il caso con la procedura semplificata “de plano”, come previsto per questa tipologia di ricorsi. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, elenca in modo tassativo i soli motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Mancanza di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La Corte ha sottolineato come il legislatore abbia deliberatamente escluso il “vizio di motivazione” da questo elenco. Pertanto, lamentare che il giudice non abbia spiegato a sufficienza o in modo logico le sue ragioni non è un motivo valido per impugnare la sentenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

In piena coerenza con la normativa e con il suo consolidato orientamento giurisprudenziale, la Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili. I giudici hanno rilevato che i ricorrenti si erano limitati a contestare un generico vizio di motivazione, una censura che non rientra più tra i casi in cui è ammesso il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ha spiegato che la ratio della riforma è stata proprio quella di deflazionare il carico della Cassazione, limitando le impugnazioni a questioni di pura legittimità e a errori macroscopici. Ammettere un ricorso per vizio di motivazione significherebbe riaprire una valutazione sul merito della decisione, snaturando la logica negoziale del patteggiamento. La Corte ha inoltre precisato che questa limitazione si estende anche a quei casi in cui, attraverso la contestazione della motivazione, si cerchi di sollevare questioni diverse, come la mancata declaratoria di proscioglimento per intervenuta prescrizione. Anche queste questioni, se non inquadrabili in una delle quattro categorie ammesse, non possono trovare spazio nel ricorso.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un monito fondamentale per la difesa. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve basare il proprio ricorso esclusivamente su uno dei quattro motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Un ricorso inammissibile patteggiamento non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. Infatti, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, nel caso di specie, la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La scelta del patteggiamento implica un’accettazione del rischio processuale che non può essere rimessa in discussione con motivi di appello generici e non consentiti dalla legge.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando una motivazione insufficiente o illogica?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il vizio di motivazione non è tra i motivi ammessi per ricorrere contro una sentenza di applicazione della pena, secondo quanto stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi sono tassativamente indicati dalla legge e riguardano: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Come in questo caso, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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