Ricorso Inammissibile Patteggiamento: Quando si può Impugnare la Sentenza?
L’istituto del patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una via per definire il processo in modo accelerato. Ma cosa succede se si vuole contestare la sentenza emessa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini molto stretti di questa possibilità, confermando la linea dura contro il ricorso inammissibile patteggiamento proposto per motivi non consentiti dalla legge.
Il caso analizzato offre uno spunto fondamentale per comprendere quali sono le uniche censure ammesse contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e quali sono le conseguenze per chi tenta di percorrere strade non previste dalla normativa.
Il Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
I fatti all’origine della vicenda riguardano un imputato che, tramite il suo difensore, aveva concordato con la pubblica accusa una pena di due anni di reclusione e 1.500,00 euro di multa per il reato di furto in abitazione aggravato. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Monza, con sentenza del 6 luglio 2022, aveva ratificato l’accordo.
Successivamente, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso tale pronuncia. Il motivo del ricorso si basava sulla presunta inosservanza di legge e sulla contraddittorietà della motivazione, lamentando che il giudice non avesse esplicitato adeguatamente il percorso logico-giuridico seguito per arrivare alla sua decisione. In sostanza, si contestava la qualità della motivazione a supporto della sentenza di patteggiamento.
La Decisione della Corte e le Regole sul Ricorso contro il Patteggiamento
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una regola precisa, introdotta con la cosiddetta “Riforma Orlando” (legge n. 103/2017), e codificata nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Questa norma stabilisce un elenco tassativo e invalicabile dei motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Vizi della volontà: se l’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare è stata viziata.
2. Difetto di correlazione: se c’è una mancata corrispondenza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Errata qualificazione giuridica: se il fatto è stato qualificato in modo giuridicamente errato.
4. Illegalità della pena: se la pena applicata o la misura di sicurezza sono illegali.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la critica alla sufficienza o alla coerenza della motivazione del giudice, non è ammesso e conduce inevitabilmente a un ricorso inammissibile patteggiamento.
Le motivazioni
I giudici della Suprema Corte hanno spiegato che la censura sollevata dall’imputato non rientrava in nessuna delle quattro categorie consentite. Criticare il percorso argomentativo del giudice del patteggiamento non è un vizio che la legge permette di far valere in sede di legittimità per questo tipo di sentenze. La ratio della norma è chiara: il patteggiamento è un accordo tra le parti, e il controllo successivo deve essere limitato a vizi macroscopici e predeterminati, per non vanificare l’efficienza e la rapidità del rito.
Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., una procedura accelerata riservata ai casi di palese infondatezza o inammissibilità.
Le conclusioni
Le conseguenze pratiche per il ricorrente sono state significative. Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, la Corte lo ha condannato a versare la somma di 4.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è stata giustificata sulla base dell'”elevato coefficiente di colpa” dimostrato nel proporre un ricorso per motivi palesemente non consentiti dalla legge. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia, pur essendo un diritto, deve essere esercitato nel rispetto delle regole processuali. Proporre un ricorso inammissibile patteggiamento non solo è inutile ai fini della difesa, ma espone anche a sanzioni economiche considerevoli, come monito contro l’abuso degli strumenti processuali.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un difetto di motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il difetto di motivazione non rientra tra i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi sono limitati a questioni riguardanti l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo può essere anche elevato in base alla colpa nell’aver proposto un ricorso non consentito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25591 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25591 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2022 del GIP TRIBUNALE di MONZA
dato avviso alle parti; (- udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 6 luglio 2022 il G.I.P. del Tribunale di Monza ha applicato a NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni due di reclusione ed euro 1.500,00 di multa in ordine ad ipotesi di reato di furto in abitazione aggravato.
Avverso l’indicata pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un motivo, inosservanza di legge e contraddittorietà della motivazione, per non avere esplicitato il giudice il percorso argomentativo seguito ai fini dell’adozione della sua decisione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito.
La dedotta censura non rientra, infatti, tra quelle indicate dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra l richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegal della pena o della misura di sicurezza.
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che, avuto riguardo all’elevato coefficiente di colpa connotante la rilevata causa di inammissibilità, appare conforme a giustizia stabilire nella somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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