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Ricorso inammissibile patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, ribadendo che i motivi di impugnazione sono tassativamente limitati dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. La doglianza relativa alla mancata valutazione di cause di proscioglimento e alla congruità della pena non rientra tra i motivi ammessi, configurando un ricorso inammissibile patteggiamento e comportando la condanna del ricorrente alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Limiti

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta precise conseguenze, soprattutto riguardo alle possibilità di impugnazione della sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento, evidenziando come un ricorso inammissibile patteggiamento sia l’esito quasi certo quando i motivi addotti non rientrano nel ristretto elenco previsto dalla legge.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Termini Imerese, con cui un imputato aveva patteggiato una pena di un mese e quindici giorni di reclusione (sostituita con la detenzione domiciliare) per un reato previsto dal d.lgs. n. 159/2011. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, lamentando due specifici vizi: la violazione di legge e il difetto di motivazione per l’omessa pronuncia su eventuali cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, e un ulteriore vizio di motivazione riguardo alla determinazione della pena applicata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici di legittimità hanno fondato la loro decisione sulla base del dettato normativo dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla riforma del 2017, limita drasticamente i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni e i limiti del ricorso inammissibile patteggiamento

Le motivazioni della Corte sono chiare e si concentrano sulla natura eccezionale dell’impugnazione avverso le sentenze emesse ex art. 444 c.p.p. La legge consente il ricorso solo per motivi specifici:

1. Vizi della volontà dell’imputato: problemi relativi all’espressione del consenso al patteggiamento.
2. Difetto di correlazione: discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto: quando il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.

Il ricorrente, invece, aveva basato le sue doglianze su questioni che esulano da questo elenco. La prima critica, relativa alla mancata verifica della sussistenza di cause di proscioglimento, è stata ritenuta inammissibile perché non rientra tra i casi consentiti. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 6, n. 1032/2020) per cui è preclusa la possibilità di dedurre in sede di legittimità la violazione di legge per la mancata verifica di tali cause.

Anche il secondo motivo, riguardante l’omessa motivazione sulla congruità della pena, è stato giudicato manifestamente infondato e inammissibile. La Corte ha osservato che il giudice di merito aveva, in realtà, valutato esplicitamente la congruità della pena, dichiarandola adeguata e ben computata. Di conseguenza, la motivazione sul trattamento sanzionatorio era da considerarsi logica e completa, nei limiti richiesti per un procedimento definito con patteggiamento.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale della procedura penale: la scelta del patteggiamento implica una sostanziale rinuncia a far valere determinate contestazioni nel merito. L’imputato che accede a questo rito speciale deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi di carattere formale o di palese illegalità. Tentare di contestare una sentenza di patteggiamento per motivi diversi da quelli tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. conduce a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del ricorrente.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per omessa motivazione sulla congruità della pena?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. e, pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.

Si può presentare ricorso in Cassazione se il giudice del patteggiamento non ha verificato la possibile esistenza di cause di proscioglimento?
No, la giurisprudenza costante, confermata da questa ordinanza, ritiene inammissibile il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento che lamenti la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento, poiché tale motivo non è incluso nell’elenco tassativo di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene determinato dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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