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Ricorso inammissibile patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento. Il motivo del ricorso inammissibile patteggiamento risiede nel fatto che le ragioni addotte non rientravano tra quelle tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ha chiarito che la lamentela generica sul mancato proscioglimento non è un motivo valido per impugnare una sentenza di applicazione della pena, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale. Tuttavia, la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva è soggetta a limiti molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile patteggiamento, delineando i confini invalicabili posti dal legislatore a tutela della stabilità di questo rito alternativo. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva proposto ricorso per cassazione lamentando, in modo generico, il mancato proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale. Quest’ultimo articolo impone al giudice di dichiarare immediatamente determinate cause di non punibilità, come l’evidenza che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso.

La difesa sosteneva, in sostanza, che il giudice di primo grado avrebbe dovuto prosciogliere l’imputato anziché accogliere la richiesta di patteggiamento. La questione è dunque giunta all’esame della Corte di Cassazione, chiamata a verificare se un motivo di questo tipo potesse giustificare l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.

I Limiti al Ricorso Inammissibile Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sull’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Il motivo sollevato dal ricorrente, ovvero la presunta violazione dell’obbligo di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non rientra in questo elenco chiuso. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha agito con fermezza, dichiarando l’inammissibilità del ricorso de plano, cioè senza nemmeno la necessità di un’udienza di discussione, data la manifesta infondatezza. La decisione si fonda su un principio giuridico consolidato e rafforzato dalla recente giurisprudenza.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che la lamentela relativa al mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. è stata formulata in modo del tutto generico, senza specificare quali elementi avrebbero dovuto portare a una sentenza di assoluzione. Ma il punto cruciale, hanno sottolineato, è un altro: la questione dell’omessa valutazione di una causa di proscioglimento può essere esaminata dalla Cassazione solo a una condizione preliminare, ovvero che il ricorso sia di per sé ammissibile. Poiché il motivo del ricorso non era tra quelli previsti dall’art. 448, comma 2-bis, l’intero impianto dell’impugnazione è crollato, rendendo impossibile qualsiasi esame nel merito. Il ricorso, pertanto, era destinato sin dall’inizio a essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile patteggiamento e, in applicazione dell’articolo 616 c.p.p., ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha imposto il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, ritenendo che la presentazione di un ricorso palesemente infondato costituisse una forma di colpa processuale. Questa ordinanza ribadisce un messaggio chiaro: il patteggiamento è un accordo che, una volta raggiunto, gode di una notevole stabilità. L’accesso al giudizio di Cassazione è un’eccezione, consentita solo per vizi gravi e specifici, e non può essere utilizzata come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione l’opportunità della scelta processuale fatta.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per un elenco ristretto e tassativo di motivi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che riguardano vizi specifici come difetti del consenso, illegalità della pena o errata qualificazione giuridica del fatto.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non previsti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questa dichiarazione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, poiché si ritiene che vi sia colpa nella presentazione di un’impugnazione senza fondamento legale.

La Cassazione può valutare se il giudice del patteggiamento avrebbe dovuto assolvere l’imputato?
La Corte di Cassazione può esaminare questa specifica questione (mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p.) solo se il ricorso è stato presentato per uno dei motivi ammessi dalla legge. Se il ricorso è di per sé inammissibile perché basato su motivi non consentiti, la Corte non può entrare nel merito della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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