Ricorso Inammissibile Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Limiti
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8212 del 2024, ha riaffermato un principio cruciale in materia di impugnazione della sentenza di patteggiamento. Un ricorso inammissibile patteggiamento è la conseguenza inevitabile quando i motivi di appello non rientrano nel perimetro ristretto e tassativo delineato dalla legge. Questa decisione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso contro l’applicazione della pena su richiesta delle parti, evidenziando le conseguenze negative per chi tenta di superare tali barriere procedurali.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come patteggiamento) emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. L’imputato aveva deciso di portare la questione davanti alla Suprema Corte di Cassazione, lamentando un presunto ‘vizio di motivazione’ nella sentenza che aveva ratificato l’accordo con la pubblica accusa.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione è stata netta: i motivi addotti dal ricorrente non rientravano in alcuna delle categorie per le quali la legge consente di impugnare una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto il ricorso, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del Codice di Procedura Penale. Questa norma è fondamentale perché elenca in modo tassativo ed esclusivo i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Tali motivi sono:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato prestato liberamente).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
La Corte ha osservato che la doglianza del ricorrente, focalizzata su un generico ‘vizio di motivazione’, è estranea a questo elenco. La natura stessa del patteggiamento, essendo un accordo tra le parti, comporta che la motivazione del giudice sia meno estesa rispetto a una sentenza ordinaria, rendendo un’impugnazione basata su tale aspetto incompatibile con la struttura del rito. Inoltre, la Corte ha sottolineato che non sussisteva alcuna ‘assenza di colpa’ da parte del ricorrente nel proporre un ricorso palesemente infondato, giustificando così l’imposizione della sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame rappresenta un monito significativo. Tentaare di impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi diversi da quelli espressamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., è un’azione non solo destinata al fallimento, ma anche economicamente svantaggiosa. Questa decisione consolida l’intento del legislatore di dare stabilità e certezza alle sentenze emesse a seguito di un accordo, limitando le impugnazioni a casi di vizi gravi e specifici. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ne deriva la necessità di un’analisi rigorosa prima di intraprendere la via del ricorso, per evitare una declaratoria di inammissibilità e le relative sanzioni economiche.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Un ‘vizio di motivazione’ è un motivo valido per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte in questa ordinanza, il vizio di motivazione non rientra tra i motivi tassativi previsti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8212 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8212 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di TARANTO
avviso alle arti•
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Rilevato che il ricorso proposto da NOME, che censura il vizio di motivazion sentenza di applicazione della pena emessa su accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 c proc. pen., è inammissibile perché proposto al di fuori dei casi espressamente previsti dall’ 448, comma 2-bis, c.p.p., che consente in ricorso per cassazione «solo per motivi attinent all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richie sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della m sicurezza», motivi che certamente non ricorrono nel caso in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazio della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in ‘favore della Cassa de ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.