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Ricorso inammissibile patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile patteggiamento presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena. La Suprema Corte ribadisce che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., l’impugnazione è consentita solo per specifiche violazioni di legge, tra cui non rientra il vizio di motivazione relativo alla mancata applicazione delle cause di proscioglimento dell’art. 129 c.p.p. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Patteggiamento: i Limiti Fissati dalla Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta i confini ristretti dell’impugnazione contro le sentenze di patteggiamento, confermando la regola del ricorso inammissibile patteggiamento se basato su vizi di motivazione. Questa decisione sottolinea l’importanza dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla riforma Orlando, che ha drasticamente limitato i motivi di ricorso per le sentenze emesse a seguito di accordo tra le parti. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come patteggiamento), emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Perugia. L’imputato lamentava un vizio di motivazione della sentenza, sostenendo che il giudice non avesse adeguatamente verificato l’insussistenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto fornire una spiegazione più approfondita del perché non sussistessero i presupposti per un’assoluzione immediata, nonostante l’accordo sulla pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha agito de plano, ovvero senza udienza pubblica, ritenendo il ricorso manifestamente infondato. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile Patteggiamento

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, stabilisce che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per un elenco tassativo di motivi. Tra questi non figura il vizio di motivazione.

La Corte ha specificato che i motivi ammessi riguardano esclusivamente violazioni di legge, come:

1. La mancata corrispondenza tra la richiesta delle parti e la decisione del giudice.
2. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’applicazione di una pena illegale.

Il motivo sollevato dal ricorrente, ovvero il presunto vizio di motivazione sulla verifica dell’art. 129 c.p.p., non rientra in nessuna di queste categorie. Non si trattava di una discordanza tra richiesta e sentenza, né di un difetto di volontà o di una pena illegale secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza (in particolare dalla sentenza “Jazouli” delle Sezioni Unite).

La Portata della Riforma e i Limiti all’Impugnazione

La Cassazione ha ribadito che la volontà del legislatore del 2017 era quella di limitare l’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento per deflazionare il carico giudiziario e dare maggiore stabilità agli accordi processuali. Consentire un sindacato sulla motivazione, anche se relativa alla verifica delle cause di proscioglimento, aprirebbe la porta a un tipo di controllo che la legge ha inteso escludere. Pertanto, il ricorso inammissibile patteggiamento è la conseguenza diretta di un’impugnazione che si fonda su argomenti non previsti dalla norma.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico: chi accede al rito del patteggiamento accetta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. La possibilità di ricorrere in Cassazione è un’eccezione, circoscritta a vizi gravi e specifici che attengono alla legalità della pena o alla corretta formazione del consenso. Qualsiasi doglianza relativa all’apparato motivazionale della sentenza, anche se inerente a profili importanti come la valutazione delle cause di non punibilità, è destinata a essere dichiarata inammissibile. Questa decisione serve da monito per la difesa: la strategia processuale deve tenere conto, fin dall’inizio, che la scelta del patteggiamento comporta una quasi totale rinuncia alla possibilità di un riesame della decisione nel merito o nella sua giustificazione logica.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un difetto di motivazione?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale esclude espressamente il vizio di motivazione dai motivi di ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. L’impugnazione è consentita solo per specifiche violazioni di legge.

Per quali motivi si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi tassativamente indicati, tra cui la discordanza tra la richiesta e la sentenza, vizi nella volontà dell’imputato, l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’applicazione di una pena illegale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, a favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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