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Ricorso inammissibile patteggiamento: Analisi Cass.

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza di patteggiamento. La decisione si basa sul principio ‘ratione temporis’, secondo cui la legge applicabile è quella vigente al momento della sentenza. Poiché il giudice di merito aveva ampiamente motivato l’insussistenza di cause di proscioglimento, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello contro il Patteggiamento non Supera il Vaglio della Cassazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, del 9 ottobre 2024, offre un chiaro esempio dei rigorosi limiti entro cui è possibile contestare una sentenza di applicazione della pena (patteggiamento), culminando in una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questo caso evidenzia l’importanza del principio ratione temporis, ovvero l’applicazione delle norme vigenti al momento della pronuncia della sentenza, e ribadisce i confini del controllo di legittimità sulle sentenze di patteggiamento.

I Fatti del Caso: dall’Appello al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di applicazione della pena emessa dal Tribunale di Bologna il 19 marzo 2013. L’imputato, non accettando la decisione, proponeva appello, lamentando che il giudice non avesse adeguatamente valutato la sussistenza dei presupposti per un proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

Successivamente, la Corte di Appello di Bologna, con un’ordinanza del 25 luglio 2024, ha preso atto della natura delle doglianze e ha convertito l’appello in un ricorso per cassazione. Questo passaggio è fondamentale, poiché sposta la valutazione del caso dal merito (riesame dei fatti) alla legittimità (corretta applicazione della legge).

L’Applicazione del Principio Ratione Temporis

La Corte Suprema ha fondato la sua decisione sul principio ratione temporis. Alla data della sentenza di patteggiamento (2013), la normativa permetteva di impugnare tale decisione per vizio di motivazione solo a una condizione molto stringente: che dal testo stesso della sentenza emergesse in modo evidente la presenza di una causa di proscioglimento.

In altre parole, non era sufficiente una semplice argomentazione difensiva, ma era necessario che l’errore del giudice fosse palese e immediatamente riscontrabile dalla lettura del provvedimento impugnato.

Le Ragioni del Ricorso Inammissibile secondo la Cassazione

Il nucleo della decisione della Cassazione risiede nella constatazione che il giudice di primo grado non aveva omesso alcuna valutazione. Al contrario, aveva fornito una motivazione ampia e dettagliata sull’insussistenza delle cause di proscioglimento. Il giudice aveva tenuto conto di tutti gli elementi a disposizione, inclusi quelli emersi durante la fase delle indagini preliminari e cautelari.

Di conseguenza, il ricorso dell’imputato non denunciava una reale omissione o un errore di diritto evidente, ma tentava di ottenere un nuovo giudizio sul merito della questione, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha stabilito che la motivazione del giudice del Tribunale era completa e sufficiente, rendendo il ricorso inammissibile.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è lineare e si ancora a un consolidato orientamento giurisprudenziale (citando la sentenza n. 30867 del 2011). Il controllo di legittimità su una sentenza di patteggiamento, per quanto riguarda la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., non può trasformarsi in un’indagine sul merito. Se il giudice del patteggiamento ha esplicitamente motivato, in modo non manifestamente illogico, le ragioni per cui non ritiene sussistenti cause di proscioglimento, il suo operato è incensurabile in Cassazione. Nel caso di specie, questa condizione era pienamente soddisfatta.

Le conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Corte di Cassazione con ricorsi ritenuti infondati o, come in questo caso, inammissibili. Questa decisione rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento e chiarisce che l’impugnazione di tali provvedimenti è un percorso stretto e ben definito, non una via per rimettere in discussione l’intero quadro probatorio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la legge in vigore all’epoca della sentenza originale, un patteggiamento poteva essere impugnato per vizio di motivazione solo se dal testo della sentenza risultasse evidente una causa di proscioglimento. In questo caso, il giudice aveva invece ampiamente motivato l’assenza di tali cause.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo specifico caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Cosa significa il principio ‘ratione temporis’ applicato in questa ordinanza?
Significa che la Corte di Cassazione ha giudicato la legittimità del ricorso applicando le regole processuali in vigore nel 2013, anno in cui è stata emessa la sentenza di patteggiamento, e non quelle eventualmente modificate in seguito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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