Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dei Motivi d’Appello
Quando si presenta un’impugnazione, è fondamentale seguire le regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio cardine del nostro sistema: non si possono presentare motivi di doglianza per la prima volta davanti alla Suprema Corte se non sono stati discussi in appello. Analizziamo questo caso, che si è concluso con una dichiarazione di ricorso inammissibile, per capire le ragioni di tale rigidità procedurale e le conseguenze per chi non la rispetta.
I Fatti del Caso
Una persona era stata accusata di un reato previsto dal d.lgs. 159/2011. In secondo grado, la Corte di Appello di Firenze, riformando la sentenza precedente, aveva dichiarato di non doversi procedere, poiché il reato si era estinto per intervenuta prescrizione. Nonostante l’esito favorevole, che di fatto annullava la condanna, l’imputata decideva di ricorrere in Cassazione. L’obiettivo era ottenere un proscioglimento pieno, nel merito, anziché una semplice declaratoria di estinzione del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione: il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
L’argomento dell’imputato
Il difensore sosteneva che la Corte d’Appello avesse commesso un errore, omettendo di verificare un vizio fondamentale: la carenza di un elemento essenziale in un provvedimento amministrativo che era alla base dell’accusa. Secondo la difesa, tale vizio avrebbe dovuto portare a un’assoluzione nel merito, più vantaggiosa della prescrizione. L’argomento era che tale questione, per la sua natura, potesse essere sollevata per la prima volta anche in sede di legittimità.
La dichiarazione di inammissibilità
La Cassazione ha respinto questa linea difensiva. Ha chiarito che l’argomentazione relativa all’incompletezza dell’atto amministrativo non era mai stata sollevata durante il processo di appello. Di conseguenza, il giudice di secondo grado non aveva, e non poteva avere, l’obbligo di pronunciarsi su un punto che non gli era stato sottoposto.
Le Motivazioni della Sentenza: il Principio di Devoluzione
La decisione della Corte si fonda su principi procedurali consolidati e non derogabili.
Il divieto di “nova” in Cassazione
Il cuore della motivazione risiede nel cosiddetto ‘effetto devolutivo’ dell’appello. I giudici di secondo grado possono decidere solo sulle questioni specifiche (‘motivi’ o ‘doglianze’) che l’appellante ha espressamente sollevato. Introdurre questioni completamente nuove in Cassazione è vietato. Farlo significherebbe chiedere alla Suprema Corte di giudicare l’operato del giudice d’appello su un punto che quest’ultimo ha legittimamente ignorato perché mai portato alla sua attenzione. Questo creerebbe un inevitabile e artificioso ‘difetto di motivazione’.
L’impossibilità di accertamenti di fatto
Inoltre, la Corte sottolinea che la questione sollevata dalla ricorrente – verificare la completezza di un atto amministrativo – richiede un’indagine e una valutazione dei fatti. La Corte di Cassazione, però, è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove o compiere nuovi accertamenti fattuali. Pertanto, anche per questa ragione, la richiesta era irricevibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante insegnamento: la strategia difensiva deve essere costruita e articolata compiutamente fin dai primi gradi di giudizio. Omettere di sollevare una questione cruciale in appello preclude la possibilità di farlo successivamente in Cassazione. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è una mera formalità, ma comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, che viene condannato non solo alle spese, ma anche a una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. È un monito a utilizzare gli strumenti processuali con attenzione e completezza in ogni fase del procedimento.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non possono essere dedotte questioni sulle quali il giudice di appello ha correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo proposto, relativo all’incompletezza di un atto amministrativo, non era stato sollevato nel giudizio di appello e, inoltre, richiedeva un accertamento di fatto che la Corte di Cassazione non è abilitata a compiere.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono ipotesi di esonero, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20923 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20923 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME CUI 04EK6TT nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze ha, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME in ordine al reato di cui all’art. 76 comma 3 d. igs. 159 del 2011 per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso l’imputatq, per il tramite del difensore di fiducia, deducendo, come unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per avere omesso di verificare la carenza di un elemento essenziale del provvedimento amministrativo come tale incidente sulla legittimità e validità deP provvedimento; la Corte territoriale avrebbe quindi dovuto assolvere nel merito l’imputata, anziché dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione.
Il motivo proposto è inammissibile in quanto l’argomentazione inerente l’incompletezza dell’atto amministrativo, non risulta sollevato nel corso del giudizio di appello. Non possono, infatti, essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. Né, come affermato dal ricorrente, la questione specifica poteva essere dedotta per la prima volta in Cassazione, in quanto richiede un accertamento di fatto che questa Corte non è abilitata a compiere.
Per queste ragioni, il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024