Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8026 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8026 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME ad ACERRA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; ricorsi trattati con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L 137/2020 e s.m.i.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 19/10/2023 confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 27/9/2023, che applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
Gli indagati, a mezzo del difensore, hanno interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 178, lett. c) e 309, commi 5 e cod. proc. pen. Evidenzia il difensore che l’ordinanza impugnata è stata resa in assenza dei file video ritraenti le sequenze delle condotte addebitate agli indagati ed utilizzate per la loro identificazione, nonostante la difesa avesse avanzato istanza di acquisizione; che, dunque, si è in presenza di una violazione del diritto
di difesa, che si riverbera sull’ordinanza impugnata, che deve conseguentemente essere annullata.
2.1 Con il secondo motivo eccepiscono la nullità del provvedimento impugNOME, fondato sulle sole annotazioni di servizio, in assenza del necessario esame dei file video relativi alla condotta contestata e la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per manifesta illogicità della motivazione. Rilevano che la mancata acquisizione di file video non ha consentito di effettuare una congrua ricostruzione della condotta tenuta e che il Tribunale ha fondato il proprio convincimento in maniera fideistica sul racconto degli agenti operanti.
2.2 Con il terzo motivo si dolgono della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. Ritengon che le dichiarazioni rese da NOME COGNOME al pubblico ministero in data 4/4/2023 siano inutilizzabili, atteso che – avendo reso poco prima dichiarazioni informali alla polizia giudiziaria di contenuto opposto – il COGNOME avrebbe dovuto assumere la qualifica di indagato per il delitto di false dichiarazioni al pubblic ministero ed escusso alla presenza del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
1.1 Osserva il Collegio che tutti e tre i motivi non sono consentiti dalla legge, in quanto hanno ad oggetto doglianze che non risultano essere state previamente dedotte innanzi al Tribunale del riesame, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Tanto si evince dal provvedimento impugNOME, che a pag. 1 dà atto che le doglianze sono circoscritte al solo profilo delle esigenze cautelari.
Invero, deve essere rammentato come secondo l’interpretazione di questo giudice di legittimità è inammissibile il ricorso avverso il provvedimento del Tribunale del riesame che deduca per la prima volta vizi di motivazione inerenti ad argomentazioni presenti nel provvedimento genetico della misura coercitiva che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi allo stesso Tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell’ordinanza impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza camerale (Sezione 2, n. 42408 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254037 – 01). In motivazione detta pronuncia precisa che a «nulla rileva che il riesame sia un mezzo di impugnazione totalmente devolutivo, poiché, in mancanza di specifiche deduzioni difensive il Tribunale in sede di riesame legittimamente può limitarsi, come nel caso di specie, a concordare “pienamente con la ricostruzione della sussistenza del quadro indiziario risultante dalla richiesta del PM e dall’ordinanza del GIP”,
riassumendo, poi, í punti essenziali di tale quadro indiziarlo. Al contrario, proprio la mancata formulazione di specifiche deduzioni difensive nella fase di merito rende inammissibili le deduzioni medesime proposte per la prima volta in questa sede di legittimità, poiché non possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso provvedimento adottato dal Tribunale del riesame vizi motivazionali rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309 c.p.p., comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1786 del 05/12/2003 – 21/01/2004, COGNOME, Rv. 227110; Sez. 1, n. 2927 del 22/04/1997, COGNOME, Rv. 207759)».
Successivamente è stato chiarito ancora che in tema di misure cautelari, non è possibile prospettare in sede di legittimità motivi di censura non sollevati innanzi al tribunale del riesame, ove essi non siano rilevabili d’ufficio (Sezione 2, n. 11027 del 20/1/2016, COGNOME, Rv. 266226 – 01). Ed il principio risulta ribadit anche in relazione a presunte violazioni di legge, essendosi stabilito che è inammissibile il ricorso avverso il provvedimento del tribunale del riesame con il quale si deducono per la prima volta violazioni di legge inerenti l’ordinanza applicativa della misura cautelare, che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi allo stesso tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell’ordinanza impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza camerale (Sezione 5, n. 24693 del 28/2/2014, COGNOME, Rv. 259217 – 01).
Nel caso in esame, va evidenziato come le doglianze – attinenti alla mancata acquisizione dei file video relativi ai fatti per cui si procede ed alla utilizzab delle dichiarazioni rese dalla persona offesa – non risultino avanzate nei motivi di riesame, avendo il ricorrente in quella sede formulato esclusivamente censure afferenti il profilo delle esigenze cautelari, con la conseguenza che la loro proposizione soltanto con il ricorso in cassazione ha determiNOME una inammissibile interruzione della catena devolutiva, che non ne consente l’esame in questa sede.
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
2.1 D primo ed il secondo motivo, aventi ad oggetto l’omessa trasmissione e
la mancata acquisizione dei file video relativi alla condotta criminosa, possono essere trattati congiuntamente. Rileva il Collegio che entrambi siano manifestamente infondati. Si osserva, innanzitutto, che non si è verificata nessuna violazione del diritto di difesa, atteso che non vi è prova che il Pubblico ministero abbia trasmesso al Giudice per le indagini preliminari i file video cui fa riferimento il difensore, il quale avrebbe potuto visionarli o chiederli in copia Pubblico ministero procedente; che, in ogni caso, non determina l’inefficacia della misura cautelare l’omessa trasmissione al Giudice per le indagini preliminari della videoregistrazione dei fatti oggetto dell’indagine, posto che ben può la Pubblica accusa fondare la richiesta di misura cautelare sulle annotazioni di servizio in cui è riportata la descrizione dei fatti video ripresi. In proposito giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che, in tema di riesame, il pubblico ministero non ha l’obbligo di trasmettere, ai sensi dell’art 309, comma 5, cod. proc. pen., i supporti informatici contenenti le videoriprese utilizzate ai fini dell’applicazione della misura cautelare, quando gli esiti de stesse siano contenuti nell’annotazione di polizia giudiziaria, nella quale si dà atto di quanto esamiNOME dagli operanti e degli elementi desunti dalla visione. Invero, così come per l’utilizzazione a fini cautelari del risultato di intercettazi telefoniche, è sufficiente che il pubblico ministero presenti semplici riferiment riassuntivi, non rilevando la mancata allegazione dei verbali delle operazioni e dei nastri di registrazione sonora, ovvero audiovisiva. Il giudice, pertanto, può fondare la propria valutazione su detti elementi, fatta salva la possibilità pe l’indagato di richiedere ai fini difensivi il supporto informatico, evenienza quest che nel caso di specie non si è verificata e che è evidentemente cosa diversa dalla inefficacia della misura cautelare (Sezione 2, n. 19195 del 12/4/2019, Lizzio, Rv. 276444 – 01; Sezione 1, n. 33819 del 20/6/2014, NOME, Rv. 261092 – 01; Sezione 1, n. 34651 del 27/5/2013, COGNOME, Rv. 257440 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sotto altro profilo la doglianza è generica, in quanto la difesa si limita a eccepire l’omesso deposito dei file video, senza tuttavia dar conto della rilevanza probatoria che avrebbe avuto la visione dei filmati, specie se si considera che non ha sollevato alcuna questione in ordine alla corrispondenza tra il contenuto delle videoriprese e la ricostruzione dei fatti effettuata dalla polizia giudiziaria.
Orbene, la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, anche al fine di delimitare con precisione l’oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie (Sezione 6, n. 39247 del 12/7/2013, COGNOME, Rv. 257434 – 01;
Sezione 6, n. 1770 del 18/12/2012, COGNOME, Rv. 254204 – 01). Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sezioni Unite, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822 – 01). L’indeterminatezza e la genericità del motivo lo condannano di conseguenza alla inammissibilità.
2.2 Il terzo motivo è inammissibile perché manca qualsivoglia interesse ad eccepire la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al Pubblico ministero in data 4/4/2023 dalla persona offesa. Invero, le dichiarazioni indizianti sono quelle rilasciate informalmente alla polizia giudiziaria (nel corso delle quali NOME COGNOME fece i nomi di coloro che armati lo avevano sequestrato e malmeNOME) e non quelle rese al Pubblico ministero, tenuto conto che in detta circostanza non ebbe ad indicare l’identità degli autori dei reati commessi ai suoi danni.
Peraltro, le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria hanno trovato plurimi riscontri agli atti, tutti puntualmente indicati nel provvedimento impugNOME.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il giorno 25 gennaio 2024.