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Ricorso inammissibile: No appello per rigetto sospensione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che negava la sospensione dell’esecuzione di un precedente provvedimento. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il provvedimento che rigetta un’istanza di sospensione è un atto interlocutorio non impugnabile, rendendo quindi l’appello proceduralmente impossibile. La decisione finale ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sancisce i Limiti dell’Impugnazione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 22633/2024, ha ribadito un importante principio di procedura penale: il provvedimento con cui un giudice rigetta la richiesta di sospendere l’esecuzione di una propria precedente ordinanza non è impugnabile. Questa pronuncia chiarisce i confini dei rimedi processuali disponibili, confermando che non ogni decisione del giudice può essere oggetto di ricorso, soprattutto quando si tratta di atti interlocutori. L’analisi di questo caso offre spunti fondamentali per comprendere quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale, evitando così inutili aggravi processuali.

I Fatti del Caso: Una Complessa Vicenda Processuale

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 2018, con la quale era stata dichiarata inammissibile un’istanza per l’applicazione di misure alternative alla detenzione presentata da un condannato. Contro tale decisione, il difensore aveva proposto ricorso per cassazione.

Nel corso del procedimento, il difensore ha presentato diverse istanze volte a ottenere la sospensione dell’esecutività dell’ordinanza del 2018. Una prima richiesta è stata rigettata nel giugno 2023. Il successivo reclamo contro questo rigetto è stato dichiarato anch’esso inammissibile. Nonostante ciò, il difensore ha presentato una nuova istanza di sospensione, basandola su elementi che, a suo dire, erano emersi solo successivamente. Anche questa nuova richiesta è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Sorveglianza nell’ottobre 2023. È contro quest’ultima decisione che è stato proposto il ricorso in Cassazione oggetto della presente analisi.

La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato e granitico. I giudici hanno stabilito che il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione nega la sospensione di una propria ordinanza precedente non rientra tra quelli per cui la legge prevede la possibilità di un’impugnazione.

Di conseguenza, il ricorso è stato respinto per una ragione puramente procedurale, senza che la Corte entrasse nel merito delle argomentazioni difensive. La declaratoria di inammissibilità ha inoltre comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e si basano su due pilastri fondamentali.

Il primo, e più importante, è il principio della non impugnabilità dei provvedimenti interlocutori per i quali la legge non preveda espressamente un mezzo di gravame. La Corte ha richiamato precedenti sentenze (come la n. 8846/2010 e la n. 54594/2016) che hanno costantemente affermato che l’ordinanza di rigetto di una richiesta di sospensione dell’esecuzione è un atto interlocutorio, privo di diretta incidenza sulla libertà personale e, come tale, non soggetto a ricorso per cassazione. Tentare di impugnarlo si traduce inevitabilmente in un ricorso inammissibile.

Il secondo pilastro, menzionato quasi a corollario, è un fatto sopravvenuto che ha reso la questione del tutto priva di oggetto. La Corte ha rilevato che lo stesso ricorso per cassazione contro l’ordinanza originaria del 2018 era stato dichiarato inammissibile con una sentenza del dicembre 2023. Questo ha reso definitiva la statuizione di merito iniziale, facendo venir meno qualsiasi interesse a discutere della sua sospensione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: l’economia dei giudizi e la tassatività dei mezzi di impugnazione. Non tutte le decisioni emesse nel corso di un procedimento possono essere contestate. La pronuncia chiarisce che insistere nell’impugnare atti per i quali non è previsto un rimedio specifico non solo è infruttuoso, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. Per gli operatori del diritto, questa decisione serve come monito a valutare attentamente i presupposti procedurali prima di intraprendere un’azione legale, per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro un’ordinanza che rigetta la richiesta di sospendere l’esecuzione di un altro provvedimento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un tale ricorso è inammissibile. Il provvedimento che rigetta un’istanza di sospensione è considerato un atto interlocutorio per il quale la legge non prevede la possibilità di impugnazione.

Cosa significa che un ricorso è “inammissibile”?
Significa che il ricorso non possiede i requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge per poter essere esaminato nel merito. Di conseguenza, il giudice non valuta se la richiesta sia giusta o sbagliata, ma la respinge per motivi procedurali.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La conseguenza principale, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, al versamento di una somma di denaro (in questo caso 3.000,00 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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