Ricorso Inammissibile: Quando la Pena Concordata in Appello non si Discute
Nel processo penale, gli accordi tra accusa e difesa rappresentano uno strumento fondamentale per la definizione accelerata dei procedimenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine in materia: se le parti concordano la pena in appello, non è poi possibile impugnare tale accordo lamentandone l’illogicità. La decisione sottolinea la natura vincolante della pattuizione e le conseguenze di un ricorso inammissibile.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di riciclaggio emessa dal Tribunale di primo grado. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale raggiungevano un accordo sulla rideterminazione della pena, secondo quanto previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’appello, recependo l’accordo, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, applicando la pena concordata.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione dell’art. 133 del codice penale. A suo dire, la Corte d’appello era pervenuta a una determinazione della pena “del tutto illogica”, sebbene tale pena fosse il frutto della pattuizione a cui egli stesso aveva aderito.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, trattando il caso con la procedura semplificata “de plano”, prevista dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. Questa procedura si applica quando l’impugnazione è proposta per motivi non consentiti dalla legge, come nel caso di specie.
L’Accordo tra le Parti e i Limiti dell’Impugnazione
I giudici di legittimità hanno chiarito che le censure relative al trattamento sanzionatorio non possono essere considerate ammissibili quando la pena è stata oggetto di un accordo tra le parti. L’istituto del concordato in appello si fonda proprio sulla volontà delle parti di definire consensualmente la sanzione, rinunciando a ulteriori contestazioni sul punto. Ammettere un’impugnazione che metta in discussione il risultato di tale accordo ne snaturerebbe la funzione e la logica processuale.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità
In conseguenza della declaratoria di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. e alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000), ha disposto il versamento di una somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende. Tale sanzione pecuniaria è giustificata dalla “colpa” del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione priva dei presupposti di legge, causando un inutile dispendio di risorse giudiziarie.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si fonda su un principio di coerenza e auto-responsabilità processuale. L’accordo previsto dall’art. 599-bis c.p.p. è un atto negoziale con cui le parti dispongono del contenuto della decisione in merito alla pena. Una volta che l’imputato, assistito dal suo difensore, accetta di pattuire una determinata sanzione in cambio di una sua riduzione e di una rapida definizione del processo d’appello, perde la facoltà di dolersene in un momento successivo. La critica alla logicità della pena diventa una contraddizione in termini, poiché la pena non è il risultato di una valutazione unilaterale del giudice, ma di una convergenza di volontà tra accusa e difesa, recepita dal giudice stesso. La Corte ha quindi ritenuto che il motivo di ricorso non fosse semplicemente infondato, ma “non consentito”, attivando di conseguenza la procedura accelerata “de plano” e le sanzioni previste per un uso improprio dello strumento impugnatorio.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito per la prassi giudiziaria. La scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica che deve essere attentamente ponderata. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che tale accordo comporta una rinuncia implicita a contestare l’entità della pena concordata. La decisione della Cassazione rafforza la stabilità degli accordi processuali e sanziona i tentativi di rimettere in discussione pattuizioni già definite, garantendo così l’efficienza del sistema giudiziario e il principio di lealtà processuale.
È possibile impugnare in Cassazione una pena che è stata concordata tra le parti in appello?
No, la sentenza stabilisce che le censure relative al trattamento sanzionatorio non sono consentite quando la pena è stata oggetto di pattuizione tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., in quanto l’accordo preclude successive contestazioni sulla logicità della sanzione.
Cosa significa che un ricorso è trattato “de plano”?
Significa che il ricorso viene deciso con una procedura semplificata, senza udienza pubblica, perché l’impugnazione è stata proposta per motivi non consentiti dalla legge, come nel caso di un ricorso contro una pena concordata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa, al versamento di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende come sanzione per aver avviato un’impugnazione senza fondamento legale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32258 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 2 Num. 32258 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
– Relatore –
COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
Trentadue Marino nato a BARI il 24/04/1979 avverso la sentenza del 28/05/2024 della Corte d’appello di Bari udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Ricorso trattato de plano.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La Corte di appello di Bari, aderendo all’accordo intercorso tra le parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., ha parzialmente riformato la sentenza resa dal Tribunale di Bari il 12/10/2021 e, confermando la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al reato di riciclaggio contestato al capo A della rubrica, ha rideterminato la pena come concordata dalle parti.
Ricorre l’imputato deducendo violazione dell’art. 133 cod.pen. in ordine al trattamento sanzionatorio perchØ la Corte sarebbe pervenuta ad una determinazione della pena del tutto illogica.
Il ricorso Ł trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. – come modificato dalla legge n. 103 del 2017 -, in quanto l’ impugnazione risulta proposta avverso una sentenza pronunciata ex art. 599-bis cod. proc. pen., per motivi non consentiti.
Nel caso in esame le censure in ordine al trattamento sanzionatorio devono ritenersi non consentite poichØ la pena Ł stata oggetto di pattuizione tra le parti.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 26/09/2025
Ord. n. sez. 1639/2025