Ricorso Inammissibile: Perché Ripetere i Motivi d’Appello Non Funziona
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso per essere ammissibile deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. Non è sufficiente, infatti, riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nel grado di giudizio precedente. La vicenda analizzata offre uno spunto prezioso per comprendere quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale, con le relative conseguenze per il ricorrente.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente, condannato nel merito, contestava la correttezza della motivazione che fondava il giudizio di responsabilità a suo carico. La difesa, inoltre, aveva tentato di ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto, ai sensi dell’art. 712 del codice penale, mossa che, se accolta, avrebbe portato all’estinzione del reato per prescrizione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha troncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su una constatazione netta: i motivi addotti non erano altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte territoriale. Secondo gli Ermellini, i motivi erano ‘non specifici ma soltanto apparenti’, poiché omettevano di assolvere alla funzione tipica del ricorso in Cassazione, ovvero quella di una critica argomentata e puntuale contro la sentenza oggetto di impugnazione.
Le Motivazioni: la Necessità di una Critica Specifica e il Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione risiede nella natura del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo motivo, un ricorso non può limitarsi a riproporre doglianze generiche o a ripetere argomenti già vagliati. Deve, invece, individuare con precisione i vizi logici o giuridici che inficerebbero la decisione del giudice precedente.
Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione ‘esente da vizi logici e giuridici’, esplicitando in modo convincente le ragioni della condanna. Di fronte a una motivazione solida, la semplice riproposizione delle tesi difensive, senza un confronto critico con le argomentazioni del giudice d’appello, rende il ricorso inammissibile.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ha conseguenze pratiche rilevanti. Oltre a confermare la condanna, la declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo esito sottolinea l’importanza di una strategia difensiva attenta e tecnicamente precisa. Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’analisi approfondita della sentenza di secondo grado per enucleare vizi specifici, evitando di incorrere in una sterile ripetizione che conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori oneri economici.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere in modo pedissequo gli stessi motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammontava a 3.000 euro.
L’argomento relativo alla prescrizione del reato è stato considerato?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto che anche l’argomento relativo alla riqualificazione del fatto (che avrebbe portato alla prescrizione) fosse una mera ripetizione di una questione già puntualmente disattesa dalla Corte di merito e, pertanto, non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6514 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6514 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 28/05/1985
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso, anche in punto di differente riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 712 cod. pen. (con conseguente esclusione dell’invocata estinzione del reato per prescrizione);
considerato che con motivazione esente da vizi logici e giuridici, il giudice adito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 2) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione della responsabilità e della sussistenza del reato;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile – nulla aggiungendo le conclusioni scritte della difesa del 15 gennaio 2025 – con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pf -ocessuali e della somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.