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Ricorso inammissibile: no a misure alternative

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto contro il diniego di misure alternative alla detenzione. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata sulla personalità del condannato, sui precedenti penali e sull’assenza di un’attività lavorativa, è stata ritenuta correttamente motivata. La recente paternità non è stata considerata un elemento sufficiente a modificare la valutazione complessiva, rendendo il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e i Limiti del Giudizio sulle Misure Alternative

L’ordinanza n. 5441/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui criteri di ammissibilità dei ricorsi e sulla discrezionalità del giudice di sorveglianza. Quando un appello si limita a proporre una lettura diversa dei fatti, senza evidenziare vizi di legge, il suo destino è segnato: un ricorso inammissibile. Questo caso analizza la decisione di negare l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare a un soggetto, nonostante la recente paternità, a causa di una valutazione negativa della sua personalità e della mancanza di un progetto di vita stabile.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato con sentenza definitiva e con altri processi in corso, presentava al Tribunale di Sorveglianza di Roma un’istanza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la detenzione domiciliare. Il Tribunale, dopo aver valutato la situazione complessiva, rigettava la richiesta. La decisione si fondava sull’analisi della personalità del richiedente, desunta non solo dalle condanne passate ma anche dalla totale assenza di un’attività lavorativa e di fonti di reddito lecite, elementi ritenuti fondamentali per un positivo percorso di reinserimento.

I Motivi del Ricorso alla Corte di Cassazione

L’interessato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la decisione del Tribunale di Sorveglianza era errata per due motivi principali:
1. Focalizzazione sul passato: Il giudice si sarebbe concentrato esclusivamente sulle condotte pregresse, senza dare il giusto peso a un elemento nuovo e positivo, ovvero la recente paternità del ricorrente.
2. Mancanza di lavoro giustificata: L’assenza di un’occupazione non era dovuta a una mancanza di volontà, ma alle difficoltà burocratiche per ottenere il permesso di soggiorno, motivo per cui la difesa aveva persino chiesto un rinvio dell’udienza per poter produrre la documentazione necessaria.

La Valutazione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il ruolo della Cassazione non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. In questo caso, il Tribunale di Sorveglianza aveva agito correttamente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che il giudice di sorveglianza avesse fornito una motivazione adeguata e coerente per il rigetto dell’istanza. La valutazione della personalità del soggetto non era affatto superficiale, ma si basava su elementi concreti e oggettivi: la commissione di reati per i quali erano già state emesse sentenze di condanna (anche in appello) e l’assenza di un’attività lavorativa e di redditi. Questi fattori, letti congiuntamente, dipingevano un quadro incompatibile con la concessione di benefici che richiedono un alto grado di affidabilità e un progetto di vita orientato alla legalità. Le censure mosse dal ricorrente, secondo la Cassazione, non facevano altro che sollecitare una diversa e alternativa lettura degli elementi già vagliati dal giudice di merito, operazione preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Per ottenere l’annullamento di una decisione, non basta prospettare una diversa interpretazione dei fatti (come il valorizzare la paternità a discapito dei precedenti penali), ma è necessario dimostrare un’effettiva violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. La conseguenza di un ricorso che non rispetta questi paletti è la sua inammissibilità, con la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma alla cassa delle ammende, a sanzione dell’aver attivato inutilmente la macchina della giustizia.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate non denunciavano reali violazioni di legge o vizi logici nella motivazione, ma si limitavano a proporre una diversa interpretazione degli elementi di fatto già correttamente valutati dal Tribunale di Sorveglianza. Questo tipo di rivalutazione del merito non è consentita in Cassazione.

La recente paternità non è un elemento sufficiente per ottenere misure alternative?
Sebbene la paternità sia un elemento che il giudice può considerare, in questo specifico caso non è stata ritenuta sufficiente a superare la valutazione complessivamente negativa della personalità del richiedente, basata sui suoi precedenti penali, le condanne in corso e la totale assenza di un’attività lavorativa e di reddito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come in questo caso, la Corte può condannarlo al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, qualora ritenga che il ricorso sia stato proposto con colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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