Ricorso Inammissibile: Quando una Pena Troppo Bassa non si Può Contestare
Nel complesso mondo della procedura penale, l’istituto dell’impugnazione rappresenta uno strumento fondamentale a garanzia dei diritti delle parti. Tuttavia, il suo esercizio è subordinato a precisi presupposti, tra cui spicca l’interesse ad agire. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un principio tanto singolare quanto logico: non è possibile presentare ricorso per lamentare una pena più favorevole di quella attesa. Questo caso porta alla luce la differenza tra un mero errore di calcolo e una pena illegale, delineando i confini di un ricorso inammissibile.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Gup presso il Tribunale, che condannava un imputato per diversi delitti a una pena di tre anni di reclusione e 933,00 euro di multa. In sede di appello, la difesa e la pubblica accusa raggiungevano un accordo, noto come ‘concordato in appello’ ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte di Appello, accogliendo l’accordo e concedendo ulteriori attenuanti, riformava la sentenza riducendo la pena detentiva e pecuniaria inflitta in primo grado.
Il Motivo del Ricorso in Cassazione
A sorpresa, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello. Il motivo era unico e peculiare: si lamentava un’erronea determinazione dell’importo della multa. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello, nel ricalcolare la pena pecuniaria, avrebbe applicato una riduzione superiore a quella massima di un terzo consentita dalla legge, risultando in una multa finale più bassa di quella che sarebbe dovuta essere.
La Decisione della Cassazione: Il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: la genericità del motivo e, soprattutto, la manifesta infondatezza per carenza di interesse all’impugnazione.
Genericità e Manifesta Infondatezza
In primo luogo, la Corte ha definito il motivo di ricorso come ‘totalmente generico’ e ‘aspecifico’. Il ricorrente si limitava a contestare una pena ‘richiesta’ definendola ‘erronea’, senza però allegare che essa fosse ‘illegale’. Questa distinzione è cruciale: un conto è un errore di calcolo, un altro è una sanzione non prevista dall’ordinamento.
La Carenza di Interesse all’Impugnazione
Il punto centrale della decisione, tuttavia, risiede nella totale assenza di un interesse a impugnare. L’imputato, di fatto, si stava lamentando di aver ricevuto un trattamento più favorevole del previsto, una pena inferiore a quella che, a suo dire, sarebbe stata corretta. Come sottolineato dai giudici, ‘difetta non solo all’evidenza un interesse all’impugnazione, ma soprattutto la ricorrenza e prima ancora l’allegazione di una pena illegale’.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha spiegato che il sistema delle impugnazioni serve a rimuovere un pregiudizio, non a ottenerne uno. L’interesse ad agire presuppone una ‘soccombenza’, ovvero un esito sfavorevole. In questo caso, l’imputato non solo non era soccombente, ma era risultato beneficiario di un presunto errore di calcolo. L’ordinamento non consente di adire un giudice per chiedere l’applicazione di una pena più severa. L’unica eccezione si verifica quando la pena, seppur più mite, sia ‘illegale’ (ad esempio, una pena di specie diversa da quella prevista dalla legge o inferiore ai minimi edittali inderogabili), ma tale circostanza non è stata né dedotta né provata dal ricorrente. Pertanto, lamentare di aver ottenuto una pena inferiore a quella concordata costituisce un motivo manifestamente infondato che conduce a una declaratoria di inammissibilità.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: non c’è impugnazione senza un interesse concreto e attuale a ottenere una decisione più favorevole. Contestare una pena perché ‘troppo bassa’ a seguito di un concordato è un’azione processualmente sterile, destinata a essere dichiarata inammissibile. Il caso in esame serve da monito sulla necessità di calibrare attentamente i motivi di ricorso, concentrandosi su vizi sostanziali e pregiudizi reali, piuttosto che su paradossali lamentele che, di fatto, si traducono in un’autodenuncia di un vantaggio ricevuto.
È possibile fare ricorso contro una sentenza perché la pena ricevuta è più bassa di quella concordata?
No, secondo l’ordinanza, un tale ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e per carenza di interesse ad agire. Non ci si può lamentare di aver ottenuto una pena più favorevole di quella attesa, a meno che la pena stessa non sia illegale.
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dal giudice perché manca dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge, come in questo caso la mancanza di un interesse concreto dell’imputato a ottenere una modifica della decisione.
Qual è la differenza tra una pena ‘erronea’ e una ‘illegale’ secondo questa decisione?
Una pena ‘erronea’ può derivare da un errore di calcolo che la rende più bassa del dovuto, ma se il risultato è a favore dell’imputato, non c’è interesse a ricorrere. Una pena ‘illegale’, invece, è una sanzione non prevista dalla legge o applicata in violazione delle norme, e solo in quel caso si potrebbe avere interesse a impugnarla anche se più mite.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1743 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 1743 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/11/2023
ORDINANZA,
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIARRE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Catania, preso atto del concordato ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. tra la pubblica accusa e COGNOME, previa concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62-bis cod. pen., oltre alle già concesse circostanze attenuanti generiche, riduceva la pena inflitta, con la diminuente per il rito, in riforma della sentenza emessa dal Gup presso il Tribunale di Catania del 14/09/2022 per i delitti allo stesso ascritti (capi a) b) c), d) nella misura di anni tre di reclusione ed euro 933,00 di multa.
Avvero la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, COGNOME COGNOME, con un unico motivo di ricorso con il quale ha dedotto violazione di legge in considerazione dell’erronea determinazione dell’importo della multa a causa dell’erroneo calcolo degli aumenti in continuazione e la indicazione del totale al quale
applicare la riduzione concordata; evidenziava in sostanza il ricorrente che la pena pecuniaria era stata ridotta di un valore maggiore di un terzo, valore massimo consentito dalla norma.
Il ricorso è all’evidenza inammissibile. Il motivo di ricorso, oltre che totalmente generico nella sua enunciazione, è manifestamente infondato. È evidente che l’odierno ricorrente propone – con motivo del tutto generico per come articolato, formalmente inteso a contestare la pena richiesta, definendola erronea (neanche allegando una sua eventuale illegalità) in modo del tutto aspecifico e sostanzialmente lamentando di avere ottenuto una pena inferiore a quella concordata – un motivo manifestamente infondato. Difetta non solo all’evidenza un interesse all’impugnazione, ma soprattutto la ricorrenza e prima ancora l’allegazione di una pena illegale.
Ricorre nel caso in esame, dunque, una causa di inammissibilità dichiarabile senza formalità ex art. 610 cod. proc. pen., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila, stimata equa, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 2 novembre 2023.