Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22488 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22488 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 27/05/1998
avverso la sentenza del 14/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 14 novembre 2024 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 2 maggio 2023, ha
ridotto la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di mesi tre di arresto ed euro 2.250,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17,
d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione
con riguardo alla mancata specifica contestazione della recidiva nel biennio.
2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio osserva, infatti, come la doglianza eccepita in ricorso costituisca un motivo nuovo, non dedotto con il precedente appello, perciò non sottoponibile
al vaglio del presente giudizio di legittimità, dovendo trovare applicazione il principio, reiteratamente affermato da questa Corte di legittimità, per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.