Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4838 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5   Num. 4838  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, su concorde richiesta delle parti, rideterminava, ai sensi dell’art. 599 bis, c.p.p., in senso più favorevole all’imputato COGNOME NOME la pena ritenuta di giustizia, comminatagli dal tribunale di Torre Annunziata, in relazione al reato in rubrica ascrittogli al capo A) dell’imputazione, con sentenza del 13.1.2023, che aveva condannato l’imputato anche al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile.
Al tempo stesso la corte territoriale dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui al capo B) dell’imputazione, per difetto della relativa condizione di procedibilità, confermando nel resto la sentenza impugnata e condannando, infine, il COGNOME al pagamento delle spese sostenute nel grado da COGNOME NOME, parte civile costituita in relazione al reato ex artt. 110, 624 bis e 625, co. 1, n. 2), c.p., di cui al menzionato capo A), laddove la persona offesa dal reato di furto aggravato ex art. 625, co. 1, n. 7), c.p., contestato nel capo B) non si è costituita parte civile
 Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione per avere la corte di appello condannato l’imputato al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese in favore della costituita parte civile, senza indicare le ragioni per cui non ha ritenuto di provvedere a dichiarare compensate le spese ai sensi dell’art. 541, co. 1, c.p.p.
L’assoluta genericità dei motivi di ricorso determina l’inammissibilità dell’impugnazione.
Né va taciuto che, come si evince dallo stesso ricorso e dal testo del provvedimento impugnato nessuna questione era stata prospettata dal COGNOME in sede di appello, con riferimento alla condanna al risarcimento dei danni derivanti da reato.
Trattandosi di motivo nuovo, pertanto, esso non può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità
Anzi, a ben vedere, una volta che l’imputato ha rinunciato a far valere ogni motivo di appello ad eccezione di quelli attinenti alla dosimetria della pena, modulati sull’entità del trattamento sanzionatorio in relazione al quale si è formato il consenso delle parti, ratificato dal giudice di appello, ogni questione diversa da quelle relative ai motivi per i quali non vi è stata rinuncia non è deducibile in questa sede.
E invero, secondo l’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, a seguito della reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599-bis, c.p.p., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129, c.p.p., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (cfr. Cass., sez. V, 19.3.2018, n. 15505, rv. 272853; Cass., sez. V, 4.6.2018, n. 29243, rv. 273194).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 4000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26.10.2023.