Ricorso Inammissibile: La Cassazione sulla Necessità di Motivi Specifici
Quando si presenta un appello contro una decisione giudiziaria, è fondamentale che i motivi siano chiari, pertinenti e direttamente collegati alle ragioni della sentenza che si intende contestare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile proprio a causa della genericità e della non pertinenza delle argomentazioni presentate. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i requisiti di ammissibilità di un ricorso e le conseguenze di una sua errata impostazione.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine dalla richiesta di un condannato di poter scontare la pena in regime di detenzione domiciliare. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva respinto tale istanza. La decisione del Tribunale si basava su una valutazione negativa della personalità del soggetto, ritenuto ancora socialmente pericoloso. Questo giudizio derivava dall’applicazione di una recente misura cautelare per nuovi reati, un fatto che, secondo i giudici, dimostrava un elevato rischio di recidiva che nemmeno la detenzione domiciliare avrebbe potuto contenere.
Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione. Tuttavia, l’unico motivo sollevato non affrontava direttamente la questione della pericolosità sociale, che era il fulcro della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Al contrario, il ricorrente si era limitato a precisare di aver già interamente scontato la pena per un precedente ‘reato ostativo’, un punto che, seppur vero, non scalfiva il ragionamento centrale del provvedimento impugnato.
La Decisione della Corte e il concetto di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8727/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è netta: l’appello non superava il vaglio preliminare di ammissibilità perché il suo unico motivo era ‘non specifico’. Per essere specifico, un motivo di ricorso deve confrontarsi direttamente con le argomentazioni della decisione che si contesta. In altre parole, deve spiegare perché il ragionamento del giudice precedente sarebbe errato.
Nel caso in esame, il ricorrente ha eluso completamente il tema centrale – la sua attuale pericolosità sociale e il rischio di recidiva – per concentrarsi su un aspetto secondario e non decisivo. Questo rende l’impugnazione inefficace, poiché non offre alla Corte elementi validi per rivedere la decisione impugnata.
Le motivazioni
La motivazione della Cassazione è lapidaria: il ricorrente ‘nulla oppone’ rispetto all’aspetto cruciale deciso dal Tribunale di Sorveglianza. La valutazione sulla pericolosità sociale, fondata su fatti recenti e concreti, costituiva la base portante del diniego della detenzione domiciliare. Un ricorso efficace avrebbe dovuto smontare quel ragionamento, magari dimostrando un’errata valutazione dei fatti o un’interpretazione scorretta della legge.
Limitandosi a evidenziare l’avvenuta espiazione di una vecchia pena, il ricorrente non ha fatto altro che presentare un’argomentazione irrilevante rispetto al cuore della decisione. La Corte sottolinea che l’obiettivo di un ricorso non è introdurre elementi di discussione generici, ma criticare in modo puntuale e costruttivo la logica giuridica del provvedimento impugnato. La mancanza di questa critica mirata porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le conclusioni
Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. Essa funge da monito sull’importanza della tecnica redazionale e della strategia difensiva nei ricorsi. Per evitare una pronuncia di ricorso inammissibile, è essenziale che i motivi di impugnazione siano pertinenti e specifici, attaccando direttamente le fondamenta logico-giuridiche della decisione contestata. Qualsiasi deviazione o argomento non pertinente rischia di essere considerato un mero diversivo, con conseguenze negative per il ricorrente. In questo caso, oltre al rigetto, il condannato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.
Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non supera il vaglio preliminare di ammissibilità, ad esempio perché i suoi motivi sono ‘non specifici’, cioè non contestano direttamente e puntualmente le ragioni della decisione impugnata.
Cosa si intende per ‘pericolosità sociale’ in questo contesto?
Si intende la valutazione del giudice secondo cui persiste un elevato rischio che il condannato commetta nuovi reati. In questo caso, tale pericolosità è stata desunta dall’applicazione di una misura cautelare per fatti recenti ed è stata considerata un ostacolo alla concessione della detenzione domiciliare.
Qual è stata la conseguenza dell’inammissibilità del ricorso per il condannato?
Oltre alla conferma del provvedimento impugnato, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8727 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8727 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che l’unico motivo posto da NOME COGNOME a sostengo dell’impugnazione non supera il vaglio preliminare di ammissibilità perché non specifico.
Il Tribunale di sorveglianza, nel dichiarare inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare, ha osservato, esaminando nel merito i presupposti della misura, che persiste un elevato tasso di pericolosità sociale del condannato, desunto dall’applicazione di una misura cautelare per fatti recentemente commessi, così elevato da escludere l’idoneità dello stato detentivo, anche se domiciliare, e di qualunque altra prescrizione a contenere il rischio di recidiva.
Su questo aspetto deciso il ricorrente nulla oppone limitandosi ad evidenziare che il condannato, contrariamente a quanto si legge nel provvedimento impugnato, ha interamente espiato la pena relativa al reato ostativo.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 25 gennaio 2024.