Ricorso Inammissibile: La Regola dei Motivi non Dedotti in Appello
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come le regole procedurali governino l’accesso alla giustizia, in particolare nel giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché i motivi presentati non erano stati precedentemente discussi in appello. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: la necessità di seguire un percorso processuale ordinato, dove ogni fase ha le sue specifiche funzioni.
La Vicenda Processuale
Il caso ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Palermo. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato due questioni specifiche davanti alla Corte di Cassazione: la presunta mancata applicazione di una circostanza attenuante prevista dall’articolo 385, ultimo comma, del codice penale e la contestazione sull’applicazione della recidiva. Si tratta di due elementi che possono incidere in modo significativo sulla determinazione della pena finale.
La Decisione della Corte: Il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, con una motivazione tanto sintetica quanto perentoria, ha respinto il ricorso senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La ragione è puramente procedurale: i motivi addotti dal ricorrente erano nuovi. Essi non erano stati oggetto dei motivi di appello e, di conseguenza, non erano stati esaminati dalla Corte territoriale. Questo vizio procedurale ha reso il ricorso inammissibile, impedendo ai giudici di legittimità di valutare la fondatezza delle argomentazioni difensive.
Le Motivazioni della Cassazione
La motivazione della Corte si fonda su un caposaldo del diritto processuale penale: il principio devolutivo dell’appello. Secondo tale principio, il giudice del gravame può esaminare e decidere solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati dalla parte impugnante. Non è possibile, quindi, ‘conservare’ delle censure per poi presentarle per la prima volta in Cassazione.
Questa regola ha una duplice finalità. Da un lato, garantisce che il processo si svolga in modo ordinato, evitando che il giudizio di legittimità si trasformi in un terzo grado di merito. La Corte di Cassazione, infatti, ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare i fatti del processo. Dall’altro lato, assicura il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa, poiché tutte le questioni devono essere dibattute nei gradi di merito, dove è possibile un esame completo delle prove.
La Corte ha quindi rilevato che le doglianze sulla mancata applicazione dell’art. 385 c.p. e sulla recidiva non erano state ‘dedotte in appello’, rendendole di fatto non ammissibili nel successivo grado di giudizio. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze. In primo luogo, la sentenza impugnata diventa definitiva. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Infine, come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000, in assenza di ragioni di esonero, il ricorrente è tenuto a versare una somma a favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.
Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di una strategia difensiva completa fin dai primi gradi di giudizio. Ogni possibile motivo di censura deve essere sollevato tempestivamente, poiché le omissioni nel giudizio di appello possono precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso davanti alla Corte di Cassazione?
No, secondo quanto stabilito nell’ordinanza, i motivi di ricorso non sono ammessi se non sono stati precedentemente dedotti nel giudizio di appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, oltre a rendere definitiva la sentenza impugnata.
Quali erano i motivi specifici che il ricorrente ha cercato di sollevare in Cassazione?
Il ricorrente ha contestato la mancata applicazione dell’articolo 385, ultimo comma, del codice penale e l’applicazione della recidiva, questioni che però non aveva sollevato nel precedente grado di appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5592 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5592 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
rilevato che i motivi, con cui il ricorrente ha censurato la mancata applicazione dell’art. 385, ultimo comma, cod. pen. e l’applicazione della recidiva, non sono consentiti in quanto non dedotti in appello;
ritenuto che il ricorso è inammissibile e ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 novembre 2024.