Ricorso inammissibile: l’importanza di dedurre tutti i motivi in appello
Quando si affronta un processo penale, ogni fase ha le sue regole e le sue preclusioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’occasione preziosa per analizzare perché un’impugnazione può essere dichiarata inammissibile, evidenziando gli errori da evitare. Il caso in esame dimostra come un ricorso inammissibile possa derivare non solo da vizi di forma, ma anche da precise scelte strategiche o da omissioni nei gradi di giudizio precedenti.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi alla base dell’impugnazione erano molteplici e toccavano diversi aspetti della vicenda processuale. In sintesi, il ricorrente lamentava:
1. La mancata audizione di un testimone a cui il Pubblico Ministero aveva rinunciato.
2. Errori nella valutazione della sua responsabilità penale e della consapevolezza dell’illecito.
3. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
4. Il mancato riconoscimento di una fattispecie di reato meno grave (art. 712 c.p.).
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha esaminato i vari motivi e ha concluso per la totale inammissibilità del ricorso. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un livello precedente, quello procedurale, sanzionando il modo in cui l’impugnazione è stata impostata. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Le ragioni dietro questa decisione sono fondamentali per comprendere le regole del processo penale e, in particolare, del giudizio di legittimità.
La Prova Testimoniale e i Poteri del Giudice
Il primo motivo, relativo alla mancata audizione di un teste, è stato respinto sulla base di un principio consolidato. Se il Pubblico Ministero rinuncia a un proprio testimone, le altre parti (come la difesa) possono chiederne l’esame solo se avevano a loro volta inserito quel teste nella propria lista. In caso contrario, la richiesta si qualifica come una mera sollecitazione al giudice affinché eserciti i suoi poteri officiosi di integrazione probatoria (ex art. 507 c.p.p.). L’esercizio di tale potere è discrezionale e il suo mancato utilizzo non deve essere necessariamente motivato in modo esplicito se la superfluità della prova emerge implicitamente dalla valutazione complessiva del materiale probatorio.
Il Ricorso Inammissibile per Doglianze di Fatto
I motivi secondo, terzo e quarto sono stati giudicati inammissibili perché si traducevano in “mere doglianze in punto di fatto”. Il ricorrente, infatti, non contestava una violazione di legge, ma cercava di ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove e della sua consapevolezza, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” dove si può riesaminare il fatto, ma un organo che verifica la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
L’Interruzione della “Catena Devolutiva”
Infine, il quinto e il sesto motivo sono stati dichiarati inammissibili per una ragione procedurale cruciale: non erano stati presentati come motivi di appello nel giudizio di secondo grado. Questo ha causato l’interruzione della cosiddetta “catena devolutiva”. In pratica, se una questione non viene sollevata con uno specifico motivo di appello, la sentenza di primo grado su quel punto passa in giudicato e non può più essere discussa né in appello né, tantomeno, in Cassazione. È un principio fondamentale che garantisce l’ordine e la progressione del processo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce due lezioni fondamentali per chiunque affronti un giudizio penale. La prima è che la strategia difensiva deve essere completa fin dal primo grado e, soprattutto, nell’atto di appello, dove devono essere cristallizzate tutte le censure che si intendono muovere alla sentenza. Omettere un motivo in appello significa perderlo per sempre. La seconda lezione è la netta distinzione tra questioni di fatto e questioni di diritto: il ricorso in Cassazione deve concentrarsi su queste ultime, evitando di trasformarsi in un tentativo di rivalutare le prove, pena una declaratoria di ricorso inammissibile.
Se il pubblico ministero rinuncia a un testimone, la difesa può chiederne l’audizione?
Sì, ma solo a condizione che la difesa avesse già inserito quello stesso testimone nella propria lista testimoniale. In caso contrario, la richiesta è considerata una semplice sollecitazione al giudice, che può decidere discrezionalmente se procedere o meno all’audizione.
Cosa succede se un motivo di ricorso viene presentato per la prima volta in Cassazione e non in appello?
Il motivo viene dichiarato inammissibile. Il principio della ‘catena devolutiva’ impone che le questioni non sollevate con specifico motivo d’appello si considerino definitive, e la sentenza di primo grado su quei punti acquista efficacia di giudicato, non potendo più essere discussa.
È possibile contestare la valutazione dei fatti e delle prove davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza, non riesaminare le prove o fornire una diversa ricostruzione dei fatti. Le critiche su tali aspetti sono considerate ‘doglianze in punto di fatto’ e rendono il ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45466 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45466 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONDOVI’ il 26/12/1961
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
Rilevato che, con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia del giudice sulla richiesta di audizione del teste rinunciato dal pubblico minister considerato che il principio di diritto applicabile in materia è quello a mente del quale «In t di diritto alla prova, nel caso in cui una parte rinuncia all’esame di un proprio testimone altre hanno diritto a procedervi solo se questi era inserito nelle rispettive liste testimo valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officios giudice ex art. 507 cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corret rigetto della richiesta di rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale per l’audizi un teste al quale il pubblico ministero aveva rinunciato, sul rilievo che la difesa non aveva da dimostrazione del suo inserimento anche nella propria lista)», (Sez. 4 – , Sentenza n. 1956 del 06/12/2023 Ud., dep. il 2024, COGNOME, Rv. 285666 – 01). A ciò si aggiunga che «In tema di ammissione di nuove prove, il mancato esercizio del potere ex art. 507 cod. proc. pen. da parte del giudice del dibattimento non richiede un’espressa motivazione, quando dalla effettuata valutazione delle risultanze probatorie possa implicitamente evincersi la superfluit di un’eventuale integrazione istruttoria», (Sez. 1 – , Sentenza n. 2156 del 30/09/2020 Ud,. dep. il 2021, Atilem, Rv. 280301 – 01). Tale superfluità è stata illustrata dalla Corte di appell ai fogli 2 e 3 della sentenza impugnata, dove sono state esplicitate le ragioni della mancat integrazione istruttoria implicitamente disattesa dal giudice di primo grado); da ciò manifesta infondatezza del primo motivo d’impugnazione;
rilevato che il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, con i quali si ne responsabilità dell’imputato e la sua consapevolezza della illiceità della detenzione del titol delle modalità di circolazione dell’assegno bancario, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, disattese dal giudice di me a pag. 2;
che il quinto e il sesto motivo di ricorso, con i quali si denunciano la mancata applicazion dell’art. 131 bis cod. pen. e il mancato riconoscimento della fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen., non risultano essere state previamente dedotte come motivo di appello, con conseguente interruzione della catena devolutiva. A fronte di tale evenienza, va ribadito che «nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti le statuizion giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (Massime Conformi n. 4712 del 1982, Rv. 153578; n. 2654 del 1983 Rv. 163291)», (Sez. 3, Sentenza n. 2343 del 28/09/2018 Ud., dep. 18/01/2019, COGNOME, Rv. 274346).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 24 settembre 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente