Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non entra nel merito
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3247/2025, ha fornito un chiaro esempio di quando un ricorso viene dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità. Questo caso sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione delle norme. L’analisi di questa decisione ci permette di capire meglio i limiti dell’impugnazione e le conseguenze di un ricorso mal formulato.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bari il 5 ottobre 2023. L’oggetto della contestazione era la determinazione del trattamento punitivo, specificamente per quanto riguarda la valutazione della recidiva e la quantificazione della pena. Il ricorrente, attraverso i suoi difensori, criticava la decisione dei giudici di merito, sostenendo che la sentenza fosse basata su una motivazione insufficiente e illogica e che non avesse adeguatamente considerato le argomentazioni difensive presentate.
La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile
La Suprema Corte, presieduta dal Dott. Di Stefano Pierluigi e con relatore la Dott.ssa Calvanese Ersilia, ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su un’argomentazione netta: le critiche mosse dal ricorrente non rientrano tra quelle che possono essere esaminate in sede di legittimità. Infatti, la Corte ha stabilito che i motivi del ricorso si limitavano a contestare la valutazione di merito operata dalla Corte d’Appello riguardo alla pena, un’attività che è di competenza esclusiva dei giudici dei primi due gradi di giudizio.
La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stata disposta la condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei presupposti di legge.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità. Questo significa che il suo compito non è rivalutare le prove o i fatti del processo, ma solo verificare se i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e se la loro motivazione sia logica e non contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la sentenza della Corte d’Appello fosse “sorretta da sufficiente e non illogica motivazione” e che avesse tenuto conto delle deduzioni difensive (pp. 3-4 della sentenza impugnata). Pertanto, le critiche del ricorrente sulla determinazione della pena costituivano un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, inammissibile in questa sede.
In secondo luogo, la Corte ha applicato il principio secondo cui la proposizione di un ricorso infondato o basato su motivi non consentiti comporta delle conseguenze economiche per chi lo presenta. La condanna alle spese processuali e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende serve a scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate, tutelando così l’efficienza del sistema giudiziario.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante promemoria sui limiti del ricorso in Cassazione. Essa chiarisce che non ogni doglianza può essere portata all’attenzione della Suprema Corte. Le critiche devono riguardare vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione, e non possono tradursi in una semplice richiesta di riconsiderazione dei fatti. Per gli operatori del diritto, questa decisione ribadisce la necessità di formulare ricorsi con estrema precisione, concentrandosi esclusivamente sui profili di legittimità, per evitare una declaratoria di inammissibilità e le relative sanzioni pecuniarie per il proprio assistito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati, che criticavano la determinazione della pena e della recidiva, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto riguardano una valutazione di merito riservata ai giudici dei gradi precedenti.
Cosa ha verificato la Corte di Cassazione nella sentenza impugnata?
La Corte ha verificato che la sentenza della Corte d’Appello fosse supportata da una motivazione sufficiente e non illogica riguardo al trattamento punitivo e che avesse adeguatamente esaminato le argomentazioni difensive.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3247 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3247 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CERIGNOLA il 13/03/1997
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 191 Modesto
NRG 27540/24
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità;
Considerato, infatti, che i motivi criticano la determinazione del trattamento punitivo (recidiva e pena), benché la sentenza impugnata sia sorretta al riguardo da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive sul punto (pp. 3-4);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/11/2024.