Ricorso Inammissibile: Perché i Motivi Generici Portano al Rigetto in Cassazione
Nel complesso mondo della procedura penale, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale. Tuttavia, per essere efficace, deve rispettare precisi requisiti di forma e sostanza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi possa condurre a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguenze economiche significative per chi lo propone. Comprendere questa dinamica è cruciale per chiunque si approcci al sistema giudiziario.
I Fatti del Caso: Una Breve Ricostruzione
Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione di secondo grado, sollevando una serie di critiche. Queste critiche, tuttavia, sono state ritenute dalla Suprema Corte non conformi ai canoni richiesti per un giudizio di legittimità. I giudici non sono entrati nel merito della vicenda, ma si sono fermati a un esame preliminare sulla validità stessa dell’impugnazione.
La Decisione della Corte e il concetto di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21417/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che la Corte abbia dato ragione o torto all’imputato nel merito della sua colpevolezza, ma semplicemente che l’atto di ricorso non era idoneo a provocare un nuovo giudizio. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i ricorsi ritenuti inammissibili.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su una valutazione netta dei motivi presentati. Essi sono stati definiti come “doglianze generiche” sulla motivazione del provvedimento impugnato. In pratica, il ricorrente non ha individuato errori di diritto specifici nella sentenza della Corte d’Appello, ma si è limitato a criticarne l’impianto argomentativo in modo vago.
Inoltre, il ricorso toccava questioni considerate di “puro merito”, come la richiesta di esclusione della recidiva, e lamentava la mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale (relativo all’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità). Questi argomenti, tuttavia, sono tipici dei giudizi di primo e secondo grado, dove si valutano le prove e si ricostruiscono i fatti. La Corte di Cassazione, invece, opera come giudice di legittimità: il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti. Pertanto, i motivi che non denunciano un vizio di legge, ma si limitano a proporre una diversa valutazione del merito, non sono consentiti.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della causa. Per avere una possibilità di successo, deve essere redatto con rigore tecnico, evidenziando specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile perché basato su motivi generici o di merito non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche l’applicazione di sanzioni economiche. Questa decisione serve da monito sull’importanza di affidarsi a una difesa tecnica specializzata, capace di formulare censure pertinenti e ammissibili nel giudizio di legittimità, evitando così costi inutili e la preclusione di ogni ulteriore possibilità di difesa.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati ‘doglianze generiche’ sulla motivazione della sentenza precedente e sollevavano questioni di puro merito, come l’esclusione della recidiva, che non sono consentite in sede di legittimità.
Cosa si intende per ‘motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità’?
Si tratta di argomentazioni che non riguardano la corretta applicazione della legge o vizi procedurali, ma che chiedono alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti del caso o di fornire una diversa valutazione delle prove, compiti che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi presenta un ricorso giudicato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21417 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21417 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 93 R.G. n. 43805/23
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze generiche sulla motivazione del provvedimento impugnato e sulla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e anche di puro merito, quanto all’esclusione della recidiva;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/0442024.