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Ricorso inammissibile: motivi generici e sanzioni

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa della genericità dei motivi presentati. L’ordinanza sottolinea che, per contestare il trattamento sanzionatorio, non basta affermare l’illogicità della motivazione, ma è necessario specificare i profili di contraddittorietà. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Necessità di Motivi Specifici secondo la Cassazione

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e precisione. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo questa decisione per comprendere l’importanza della specificità nell’impugnazione.

Il Contesto del Ricorso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente contestava, tra le altre cose, il trattamento sanzionatorio che gli era stato applicato, ritenendo che la motivazione della corte territoriale fosse viziata.

La Valutazione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, nell’esaminare il caso, ha immediatamente rilevato una criticità fondamentale nel motivo di ricorso. La doglianza relativa al trattamento sanzionatorio è stata giudicata “generica”. Questo significa che il ricorrente si è limitato a criticare la decisione in termini vaghi, senza articolare un’argomentazione precisa e puntuale.

La Corte ha sottolineato che non è sufficiente affermare che una motivazione sia “manifestamente illogica o contraddittoria”; è indispensabile indicare specificamente in cosa consista tale illogicità o contraddittorietà. Mancando questo livello di dettaglio, il motivo di ricorso perde di efficacia e non può essere esaminato nel merito.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici di legittimità hanno basato la loro decisione su un principio consolidato della procedura penale: i motivi di ricorso devono essere specifici. Un ricorso non può essere un mero lamento generico contro una sentenza sfavorevole. Deve, invece, essere un’analisi critica e argomentata dei punti della decisione che si ritengono errati, con precisi riferimenti fattuali e giuridici.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha specificato il profilo in relazione al quale la motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata illogica. Questa omissione ha reso il motivo astratto e, di conseguenza, ha condotto a una declaratoria di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche

La decisione si conclude con una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Le conseguenze per il ricorrente non sono state trascurabili: oltre alla conferma della sentenza impugnata, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: la redazione di un ricorso per Cassazione è un’attività tecnica che non ammette approssimazioni. Ogni censura deve essere circostanziata e deve confrontarsi specificamente con la ratio decidendi del provvedimento impugnato, pena il rischio di vedere la propria istanza rigettata in rito, con un aggravio di costi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo relativo al trattamento sanzionatorio era generico e non specificava in quale profilo la motivazione della sentenza impugnata fosse manifestamente illogica o contraddittoria.

Cosa si intende per motivo di ricorso “generico”?
Un motivo di ricorso è considerato “generico” quando non individua in modo specifico e dettagliato le ragioni di diritto o di fatto per cui si contesta la decisione precedente, limitandosi a critiche vaghe senza un confronto puntuale con la motivazione del giudice.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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