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Ricorso inammissibile: motivi generici e non dedotti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, evidenziando due errori procedurali cruciali: la genericità dei motivi, che riproponevano argomenti già discussi, e la presentazione di una censura non sollevata nel precedente grado di giudizio. La decisione sottolinea l’importanza della specificità e della tempestività nell’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’esito di un processo non è mai scontato, ma le regole per contestare una decisione sono chiare e rigorose. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un esempio lampante di come errori procedurali possano portare a un ricorso inammissibile, chiudendo di fatto ogni ulteriore possibilità di discussione. Questo caso evidenzia due principi fondamentali del diritto processuale penale: la necessità di motivi specifici e il divieto di introdurre nuove censure per la prima volta davanti alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Un Appello Respinto in Partenza

Un individuo, dopo essere stato condannato dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I suoi avvocati basavano l’impugnazione su due argomenti principali. Con il primo motivo, si contestava la correttezza della motivazione con cui i giudici di secondo grado avevano affermato la sua responsabilità. Con il secondo, si lamentava la mancata applicazione di un’attenuante specifica, prevista dall’articolo 62 n. 4 del codice penale.

Tuttavia, la Corte di Cassazione non è entrata neppure nel merito di tali questioni, fermando il processo sul nascere con una declaratoria di inammissibilità.

L’Analisi della Corte: perché il ricorso è inammissibile

La decisione della Suprema Corte si fonda su una valutazione puramente procedurale, senza toccare il contenuto delle accuse. Gli Ermellini hanno smontato il ricorso analizzando separatamente i due motivi e riscontrando per entrambi vizi insanabili.

Il primo motivo è stato giudicato generico. La Corte ha osservato che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse identiche argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere valido, non può essere una semplice ripetizione, ma deve instaurare un dialogo critico con la sentenza impugnata, evidenziandone specifici errori di diritto o vizi logici.

Il secondo motivo è incappato in un ostacolo ancora più netto. La censura relativa alla mancata applicazione dell’attenuante non era mai stata sollevata nel precedente atto di appello. Il codice di procedura penale, all’articolo 606, comma 3, stabilisce chiaramente che non possono essere dedotti in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi di appello. Si tratta di una preclusione volta a garantire l’ordine e la progressione logica del processo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su precisi riferimenti normativi. L’inammissibilità per genericità dei motivi, come sancito dall’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, deriva dalla mancanza di correlazione tra le ragioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. In parole semplici, l’appello deve essere una critica mirata, non un monologo slegato dalla sentenza che si vuole contestare.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la preclusione di cui all’art. 606, comma 3, c.p.p. è un principio cardine del nostro sistema. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si può ridiscutere tutto da capo, ma un controllo di legittimità sulle decisioni precedenti. Ammettere motivi nuovi significherebbe alterare questa funzione. La Corte ha inoltre sottolineato che, qualora il ricorrente avesse ritenuto che la sentenza d’appello avesse omesso di riportare correttamente i suoi motivi, avrebbe dovuto contestare specificamente tale omissione nel ricorso, cosa che non è avvenuta.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche

La declaratoria di ricorso inammissibile non è una mera formalità. Essa comporta conseguenze concrete e onerose per chi lo ha proposto. In questo caso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate. La lezione che si trae da questa ordinanza è chiara: la redazione di un atto di impugnazione richiede la massima cura, specificità e rispetto delle regole procedurali, pena la chiusura definitiva del caso senza neppure un esame nel merito.

Perché un motivo di ricorso viene definito “generico”?
Un motivo di ricorso è considerato generico quando non contesta in modo specifico le argomentazioni della decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del precedente grado.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in Appello?
No, la legge (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) stabilisce che non è consentito presentare in sede di legittimità motivi che non siano stati precedentemente dedotti come motivi di appello. Farlo comporta l’inammissibilità del ricorso.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a titolo di sanzione a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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