Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Generici
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede una precisione tecnica e un’argomentazione rigorosa. Non è sufficiente ripetere le proprie ragioni; è necessario criticare specificamente la sentenza che si intende impugnare. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce perfettamente le conseguenze di un ricorso inammissibile, fondato su motivi generici e meramente ripetitivi, un errore che può costare caro al ricorrente.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo essere stato condannato dalla Corte d’Appello di Milano, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava il mancato riconoscimento del cosiddetto “vincolo della continuazione” (previsto dall’art. 81 del codice penale), un istituto che avrebbe potuto portare a una pena più mite, unificando diversi reati sotto un unico disegno criminoso. L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non applicare tale disciplina.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione. Secondo i giudici supremi, l’impugnazione non svolgeva la sua funzione tipica, ovvero quella di una critica argomentata e specifica contro la decisione di secondo grado. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: la specificità dei motivi di ricorso. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate dall’imputato erano una “pedissequa reiterazione” di quelle già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. In altre parole, il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse identiche tesi, senza contestare in modo puntuale e logico le ragioni per cui i giudici di secondo grado le avevano disattese.
I giudici di legittimità hanno sottolineato come la sentenza d’appello fosse, al contrario, “esente da vizi logici e giuridici”. I giudici di merito avevano chiaramente esplicitato le ragioni del loro convincimento (pagine 2-3 della sentenza impugnata), applicando correttamente i principi giuridici sia per affermare la responsabilità penale sia per escludere l’applicazione dell’art. 81 c.p. Un ricorso che non si confronta con queste motivazioni, ma si limita a ripetersi, è considerato non solo non specifico, ma addirittura “apparente”, privo cioè di una reale sostanza critica. Per questo, la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Un ricorso non è un terzo grado di giudizio in cui si possono semplicemente riproporre le proprie tesi. È, invece, un controllo di legittimità sulla sentenza impugnata. Pertanto, è essenziale che i motivi di ricorso analizzino criticamente la decisione dei giudici di merito, evidenziandone gli eventuali errori di diritto o i vizi logici nella motivazione. In assenza di questa analisi specifica e argomentata, il rischio concreto è quello di vedersi dichiarare il ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza di condanna.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non rispetta i requisiti di legge, ad esempio se i motivi sono generici, non specifici, o si limitano a ripetere argomenti già respinti nei gradi precedenti senza muovere una critica puntuale alla sentenza impugnata.
Cosa significa che i motivi di un ricorso sono una ‘pedissequa reiterazione’?
Significa che il ricorrente si è limitato a copiare e incollare le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza sviluppare una critica argomentata e specifica contro le motivazioni della sentenza che intende contestare.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la mancata analisi del merito del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6492 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LEGNANO il 23/10/1985
avverso la sentenza del 20/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta l’esclusione del vincolo della continuazione è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che con motivazione esente da vizi logici e giuridici, il giudice adito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 2-3) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione della responsabilità e della non applicazione della disciplina prevista dall’art. 81 cod. pen.;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.