Ricorso Inammissibile: Quando la Motivazione Implicita Basta
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni, chiarendo le condizioni che portano a un ricorso inammissibile. Il caso analizzato offre spunti cruciali sulla specificità richiesta nei motivi di ricorso e sulla sufficienza di una motivazione implicita da parte del giudice. Approfondiamo la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.
I fatti del caso: il diniego della detenzione domiciliare
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Nello specifico, il ricorrente lamentava un vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione di una sanzione sostitutiva, quale la detenzione domiciliare. Secondo la difesa, il giudice di secondo grado non aveva adeguatamente giustificato il proprio diniego, lasciando il ricorrente senza una chiara spiegazione delle ragioni della decisione sul trattamento sanzionatorio.
Il ricorso inammissibile e la decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della richiesta di sanzione sostitutiva, ma si è fermata a un livello preliminare, quello della validità stessa dell’impugnazione. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: genericità dei motivi e sufficienza della motivazione implicita
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valutazione dei motivi di ricorso. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni presentate fossero delle ‘deduzioni generiche’. In altre parole, il ricorrente non aveva sollevato censure specifiche e puntuali contro la sentenza impugnata, ma si era limitato a una critica generale e non circostanziata.
A fronte di questa genericità, la Corte ha stabilito che la sentenza della Corte d’Appello conteneva una ‘motivazione implicita di tenore inequivoco’. Ciò significa che, sebbene non fosse presente una sezione dedicata a spiegare esplicitamente il diniego della sanzione sostitutiva, le ragioni di tale scelta potevano essere chiaramente desunte dall’intera parte motivazionale della sentenza, in particolare da quella relativa alla determinazione della pena (il trattamento sanzionatorio). Di conseguenza, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia
L’ordinanza in esame sottolinea un principio cardine del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di ricorso. Non è sufficiente lamentare un presunto errore del giudice, ma è necessario articolarlo in modo dettagliato, confrontandosi specificamente con le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato. In mancanza di tale specificità, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile ‘in limine litis’, ovvero senza neppure un’analisi del suo contenuto. Inoltre, la pronuncia conferma che la motivazione di una sentenza può anche essere implicita, purché il ragionamento del giudice sia chiaramente e inequivocabilmente ricostruibile dalla lettura complessiva del provvedimento. Questo costituisce un monito per i difensori a formulare impugnazioni precise e ben argomentate.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici e non specificamente argomentati contro la decisione impugnata.
Una motivazione non esplicita in una sentenza è valida?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, una motivazione ‘implicita’, purché di tenore inequivoco e chiaramente desumibile dal contesto della sentenza, può essere considerata sufficiente a giustificare una decisione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24843 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24843 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASARANO il 29/04/1992
avverso la sentenza del 16/09/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
n. 9658/25 Colette
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art.
385 cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso nonché la memoria in data 13 maggio
2025;
Considerato che il primo motivo relativo al vizio di motivazione circa il
mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art.
131-bis cod. pen. risulta privo di specificità in quanto non si confronta con le corrette e non illogiche argomentazioni dei Giudici di merito là dove
sottolineano l’accertamento di due illeciti commessi a distanza di poco più di un mese, dimostrativo del non lieve disvalore della condotta (v. in particolare
p. 4);
Ritenuto che il secondo motivo, che censura il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare, ribadito con la citata memoria, prospetta deduzioni generiche a fronte di una motivazione implicita di tenore inequivoco contenuta nella parte motivazionale della sentenza relativa al trattamento sanzionatorio;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/06/2025