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Ricorso inammissibile: motivazione contraddittoria

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di condanna per furto. La motivazione del ricorso è stata giudicata contraddittoria e apodittica, in quanto contestava formalmente la pena ma argomentava sulla responsabilità penale. Tale vizio procedurale ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Motivazione è Contraddittoria e Apodittica

Nel processo penale, la redazione di un atto di impugnazione richiede rigore, chiarezza e coerenza. Un errore nella struttura o nel contenuto del ricorso può comprometterne l’esito, portando a una declaratoria di ricorso inammissibile. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come una motivazione confusa e contraddittoria possa precludere l’esame nel merito, con conseguenze significative per il ricorrente.

L’analisi del caso

La vicenda processuale trae origine da una condanna per il reato di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) emessa dalla Corte di Appello. I giudici di secondo grado avevano confermato la responsabilità penale dell’imputato, ma avevano ridotto la pena. Tale riduzione era dovuta al riconoscimento della continuazione con un altro reato già giudicato in precedenza, applicando l’aumento previsto dall’art. 81, secondo comma, del codice penale.

Nonostante la pena più mite, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione.

La questione del ricorso inammissibile

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nell’analisi dell’unico motivo di ricorso. Formalmente, l’atto censurava la sentenza di secondo grado per violazione degli articoli 132 e 133 del codice penale, norme che disciplinano i criteri di commisurazione della pena da parte del giudice. Tuttavia, il contenuto effettivo dell’argomentazione si discostava completamente da tale intestazione.

L’imputato, infatti, non contestava la quantificazione della pena, ma faceva riferimento a elementi fattuali relativi alla sua responsabilità, come un presunto tentativo di “sottrarre qualcosa che era già stato sottratto” e questioni legate alla sua identificazione. Questa discrepanza tra l’oggetto formale del motivo (la pena) e il suo contenuto sostanziale (la responsabilità) ha generato una contraddizione interna insanabile, rendendo il ricorso inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha definito il motivo di ricorso “apodittico e contraddittorio nella sua stessa struttura interna”. Con il termine “apodittico”, i giudici hanno inteso sottolineare come le affermazioni fossero presentate come verità assolute, senza un’adeguata argomentazione giuridica a supporto. La contraddittorietà, invece, è emersa palesemente dal conflitto tra il richiamo formale alle norme sulla pena e lo sviluppo argomentativo incentrato sulla colpevolezza.

Secondo la Cassazione, un motivo così formulato non permette alla Corte di esercitare la propria funzione di controllo di legittimità. Lasciando solo “intuire” che la vera doglianza potesse riguardare la responsabilità e non la pena, il ricorso mancava di quella specificità e coerenza che la legge richiede. Pertanto, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione.

Le conclusioni e l’impatto pratico

La decisione sottolinea un principio fondamentale della procedura penale: la precisione e la chiarezza sono requisiti essenziali di qualsiasi atto di impugnazione. Un ricorso vago, confuso o internamente contraddittorio non supera il vaglio di ammissibilità. Le conseguenze di tale esito non sono banali. La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la definitiva conferma della sentenza di condanna, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 Euro. Questo caso serve da monito sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici, coerenti e giuridicamente argomentati, pena la preclusione di ogni possibilità di revisione della decisione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il suo unico motivo era considerato apodittico e internamente contraddittorio. Formalmente contestava la determinazione della pena, ma in sostanza argomentava su questioni relative alla responsabilità penale, creando una confusione che ne ha impedito l’esame nel merito.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte di Cassazione ha esaminato la questione della responsabilità dell’imputato?
No, la Corte non è entrata nel merito della questione. La natura contraddittoria e poco chiara del motivo di ricorso ha impedito alla Corte di valutare se le argomentazioni sulla responsabilità fossero fondate, fermandosi a una valutazione preliminare sulla sua ammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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