Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21639 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a GIUGLIANO IN CAMPANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/02/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 9/2/2024 rigettava l’appello avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli del 29/12/2023, che aveva respinto l’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari avanzata nell’interesse di NOME COGNOME.
L’indagato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 275, comma 3-bis, cod. proc. pen., per mancanza o contraddittorietà della motivazione. Ritiene che il Tribunale del riesame abbia svalutato il dato della intervenuta assoluzione dalla tentata rapina di cui al capo b) e dai reati ascrittigli nel procedimento collegato celebrato innanzi al Tribunale di Napoli Nord; che non abbia adeguatamente motivato in
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ordine alle ragioni per le quali risultino inadeguate le altre misure coercitive interdittive anche se applicate cumulativamente; che, in particolare, non abbia dato conto del perché la misura degli arresti domiciliari, accompagnata dalle modalità di controllo elettronico, non sarebbe idonea a salvaguardare le esigenze di tutela della collettività, come invece ha ritenuto altro giudice in presenza degl stessi elementi; che, in definitiva, nel caso di specie si sarebbe di fronte ad una motivazione apparente.
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1 Va innanzitutto premesso che la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza delle esigenze cautelari (il discorso è analogo anche con riguardo al profilo della gravità indiziaria) consente al giudice di legittimità, in relazione a peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sezioni Unite, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sezione 2, n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01). In altri termini, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. ovvero delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugNOME, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie d vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sezione 2, n. 31553 del 17/5/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sezione 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sezione 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sezione 7, ord. n. 12406 del 19/2/2015, COGNOME, Rv. 262948 01; Sezione Feriale, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01). Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la Corte di Cassazione – copia non ufficiale
decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai da processuali (Sezioni Unite, n. 12 del 31/5/2000, COGNOME, Rv. 216260 – 01; Sezioni Unite, n. 47289 del 24.9.2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01).
1.2 Orbene, venendo al caso che si sta scrutinando, osserva il Collegio che l’unico motivo su cui si fonda il ricorso è aspecifico, perché si confronta solo apparentemente con la motivazione del provvedimento impugNOME, limitandosi a riproporre le stesse doglianze rappresentate al Tribunale del riesame e da questo risolte con motivazione congrua ed immune da vizi logici. In particolare, non si misura con le argomentazioni del giudice della cautela, che ha valorizzato l’entità della pena inflitta per il reato di cui è stato ritenuto responsabile (cinque anni reclusione), ma soprattutto l’allarmante curriculum criminale del COGNOME, dedito con impressionante continuità alla commissione di reati predatori dall’età di ventritré anni, malgrado le reiterate condanne e la permanenza in carcere per lunghi periodi di tempo, elementi questi ritenuti recessivi rispetto all assoluzione dal reato di cui al capo b). Ebbene, su tutte queste circostanze di fatto il ricorso sorvola, confrontandosi solo in apparenza.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sezione 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sezione 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sezione 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sezione 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME Rv. 236945 01).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il giorno 8 maggio 2024.