Ricorso Inammissibile: L’Errore Formale che Costa Caro
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede il rispetto di regole procedurali molto stringenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda quanto un errore formale possa essere fatale, portando a un ricorso inammissibile e a conseguenze economiche significative. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato personalmente dal condannato, senza la necessaria assistenza di un difensore abilitato, evidenziando l’importanza cruciale delle nuove normative introdotte nel 2017.
Il Fatto: un Ricorso Fai-da-te
La vicenda trae origine da un’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Tivoli, in funzione di giudice dell’esecuzione. Contro tale provvedimento, un soggetto condannato decideva di presentare ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, proponendolo e sottoscrivendolo personalmente.
Questo atto, apparentemente un semplice esercizio del proprio diritto di difesa, si è scontrato con una precisa norma procedurale che regola l’accesso al giudizio di legittimità.
La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso con una procedura semplificata, dichiarandolo immediatamente inammissibile. La decisione si fonda su un presupposto normativo chiaro e invalicabile: la Legge n. 103 del 2017.
La Riforma del 2017: Un Requisito Non Negoziabile
Dal 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della suddetta legge, l’articolo 613 del codice di procedura penale è stato modificato in modo sostanziale. Il primo comma stabilisce, a pena di inammissibilità, che il ricorso presentato dall’imputato (o dal condannato) debba essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Questa modifica ha eliminato la possibilità per la parte privata di presentare personalmente l’atto di impugnazione davanti alla Suprema Corte.
Poiché sia il provvedimento impugnato che il ricorso erano successivi a tale data, la Corte non ha potuto fare altro che applicare la nuova, e più restrittiva, disciplina.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando come la mancanza della firma di un difensore cassazionista costituisca un vizio insanabile che impedisce l’esame del merito del ricorso. La norma ha lo scopo di assicurare un filtro di professionalità e tecnicismo, data la complessità delle questioni trattate in sede di legittimità. Il ricorso personale, pertanto, è stato ritenuto privo di un requisito essenziale per legge. Di conseguenza, la Corte ha applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente una declaratoria di inammissibilità de plano, ovvero senza udienza pubblica, quando il vizio è così evidente.
Oltre alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. I giudici hanno specificato che tale condanna è dovuta alla presenza di un profilo di colpa nella presentazione del ricorso, citando una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000). In pratica, chi presenta un ricorso senza rispettare le regole procedurali di base è ritenuto responsabile dell’inutile attivazione della macchina giudiziaria.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione in materia penale: l’assistenza di un avvocato specializzato non è una scelta, ma un obbligo inderogabile. La riforma del 2017 ha rafforzato il ruolo del difensore come garante della correttezza tecnica dell’atto, e ignorare questa previsione comporta non solo l’impossibilità di far valere le proprie ragioni, ma anche una sicura condanna a sanzioni pecuniarie. È un monito chiaro: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di legittimità, la forma è essa stessa sostanza.
È possibile per un imputato o condannato presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No, a seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103 del 2017, il ricorso in Cassazione in materia penale deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale dei cassazionisti, a pena di inammissibilità.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione non è firmato da un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione può essere presa con una procedura semplificata (de plano) data l’evidenza del vizio formale.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nell’ordinanza esaminata, tale somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33427 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33427 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FRASCATI il 06/10/1988
avverso l’ordinanza del 10/03/2025 del GIP TRIBUNALE di TIVOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
P
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso avverso la ordinanza emessa il 10 marzo 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli, in funzione di giud dell’esecuzione, è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e che sia il provvedimento che il ricorso sono successivi al giorno 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricorso dell’imputato (e quin anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (art. 613, comma 1, cod. proc. pen.);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2025.