Ricorso Inammissibile in Cassazione: Perché è Obbligatorio l’Avvocato?
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso davanti alla Suprema Corte non ammette il ‘fai da te’. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta e inevitabile quando l’atto non è sottoscritto da un difensore abilitato. Analizziamo insieme un’ordinanza che illustra perfettamente questa regola e le sue pesanti conseguenze economiche per chi la ignora.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un imputato che, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello, ha deciso di impugnare tale decisione presentando personalmente ricorso alla Corte di Cassazione. L’individuo ha redatto e firmato l’atto di ricorso di proprio pugno, senza avvalersi dell’assistenza di un legale qualificato per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con una sintetica ma inequivocabile ordinanza, ha posto fine al tentativo dell’imputato. I giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile, senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. La conseguenza non è stata solo la conferma della sentenza di condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su una violazione chiara e netta di una norma procedurale cruciale: l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale. Questa disposizione, così come modificata dalla legge n. 103 del 2017, stabilisce in modo tassativo che i ricorsi per cassazione devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo speciale.
La logica dietro questa norma è duplice. In primo luogo, garantisce che gli atti presentati alla Suprema Corte posseggano il necessario rigore tecnico-giuridico, trattandosi del più alto grado di giudizio, focalizzato sulla corretta applicazione della legge (e non sul riesame dei fatti). In secondo luogo, serve a filtrare i ricorsi, evitando che la Corte venga sommersa da impugnazioni generiche o infondate. La sottoscrizione personale da parte dell’imputato è un vizio procedurale insanabile che impedisce ‘in via originaria’ la costituzione di un valido rapporto processuale d’impugnazione. La Corte, infatti, ha anche accennato alla ‘genericità dei motivi’, un ulteriore vizio che sarebbe stato comunque fatale per l’esito del ricorso.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre due lezioni pratiche di grande importanza. La prima è che il patrocinio di un avvocato cassazionista non è una facoltà, ma un requisito di ammissibilità imprescindibile per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione in materia penale. Affidarsi a iniziative personali in questa fase processuale equivale a una sconfitta certa.
La seconda lezione riguarda le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile. Oltre a non ottenere una revisione del proprio caso, il ricorrente si trova a dover sostenere i costi del procedimento e a pagare una sanzione pecuniaria significativa. La decisione di liquidare la somma in 3.000 euro sottolinea la volontà del legislatore e della giurisprudenza di sanzionare l’abuso dello strumento processuale e di responsabilizzare chi intende presentare un’impugnazione al massimo organo della giustizia italiana.
È possibile presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. In base all’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale, il ricorso deve essere sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
Cosa succede se un imputato presenta personalmente il ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che i giudici non esamineranno il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.
A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile in questo specifico caso?
Nel caso esaminato, la Corte ha condannato il ricorrente a versare la somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, oltre al pagamento delle spese del procedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1090 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1090 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 09/02/1992
avverso la sentenza del 07/06/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
t dato avvi – s -o alle parti; , udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile, perché direttamente proposto e sottoscritto dall’imputato in violazione di quanto disposto dall’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dalla legge 103 del 2017. Ciò impedisce in via originaria l’instaurazione di un valido rapporto di impugnazione, anche a voler tacere della genericità dei motivi di ricorso.
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023
Il Consigliere estensore