Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Motivi non Superano il Vaglio di Legittimità
Nel complesso iter della giustizia penale, l’accesso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, un baluardo a tutela della corretta applicazione della legge. Tuttavia, non tutti i ricorsi sono ammessi a questa fase cruciale. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, illustrando i rigidi paletti che delimitano le competenze del giudice di legittimità. L’ordinanza in esame sottolinea come la riproposizione di motivi d’appello rinunciati o la contestazione del merito della prova siano strade precluse, con conseguenze economiche dirette per il ricorrente.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catania. Il ricorrente, tramite il proprio legale, aveva impugnato la decisione di secondo grado, chiedendo l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il nucleo delle sue argomentazioni si concentrava sulla contestazione della “prova del fatto”, sostenendo che questa non fosse stata raggiunta “al di là di ogni ragionevole dubbio”. In sostanza, il ricorso mirava a ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove già esaminate nei precedenti gradi di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con una sintetica ma incisiva ordinanza, la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha agito con una procedura snella, cosiddetta de plano, senza quindi la necessità di una pubblica udienza. La decisione non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è fermata a un vaglio preliminare, riscontrando un vizio insanabile che ne ha impedito la trattazione. Conseguentemente, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Corte ha fondato la propria statuizione su due pilastri argomentativi interconnessi. In primo luogo, ha rilevato che le doglianze presentate non erano consentite dalla legge in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un “terzo grado di merito” e non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è esclusivamente quello di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Contestare la “prova del fatto” rientra palesemente in un ambito di merito, precluso alla Corte Suprema.
In secondo luogo, e in modo ancora più dirimente, i giudici hanno evidenziato che i motivi del ricorso erano costituiti da doglianze relative a motivi di appello che erano stati oggetto di rinuncia. Questo significa che le questioni sollevate in Cassazione erano state precedentemente abbandonate nel giudizio di secondo grado. Tale comportamento processuale rende le argomentazioni inammissibili, poiché non è possibile “resuscitare” in sede di legittimità motivi a cui si è volontariamente rinunciato. A supporto di tale orientamento, la Corte ha richiamato un proprio precedente (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019), a testimonianza di un principio consolidato nella giurisprudenza.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso per Cassazione deve essere formulato con estremo rigore tecnico e può vertere solo su questioni di diritto. L’errata impostazione dell’impugnazione, incentrata su aspetti fattuali o sulla riproposizione di motivi rinunciati, conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Le implicazioni pratiche per chi intende adire la Suprema Corte sono chiare: è indispensabile affidarsi a una difesa tecnica specializzata che sappia distinguere tra vizi di merito e vizi di legittimità. Diversamente, non solo si perde l’ultima occasione per far valere le proprie ragioni, ma si va incontro a una condanna certa al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che rende l’esito del giudizio ancora più gravoso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi sollevati non erano consentiti in sede di legittimità. Essi, infatti, contestavano la valutazione delle prove e dei fatti, un’attività riservata ai giudici di merito, e riproponevano doglianze che erano state oggetto di rinuncia nel precedente grado di appello.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, a titolo sanzionatorio, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata fissata in tremila euro.
Cosa significa che la Corte di Cassazione giudica in ‘sede di legittimità’?
Significa che la Corte di Cassazione ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Non può riesaminare i fatti del processo o valutare nuovamente le prove, ma deve limitarsi a controllare se la sentenza impugnata abbia applicato correttamente le norme giuridiche e se la sua motivazione sia logica e non contraddittoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21454 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21454 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 165 R.G. n. 44451/23
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso sentenza ex art. 599-bis cod. proc. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze relativi a motivi di appello oggetto di rinuncia (la richiesta di assoluzione perché il fatto non sussiste, con cui si contestava la “prova del fatto” al di là di ogni ragionevole dubbio) e comunque preclusi (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Rv. 277196);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con procedura de plano, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 /2024.