Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Concordato in Appello
L’ordinanza n. 13296 del 2024 della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di impugnazioni penali, chiarendo le conseguenze di un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza frutto di un ‘concordato in appello’. Questa decisione sottolinea come l’accordo tra le parti sui motivi di gravame comporti una rinuncia quasi totale a future doglianze, con implicazioni significative per la strategia difensiva.
I Fatti del Caso
Tre individui hanno presentato ricorso per Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Tale sentenza era stata emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, una norma che disciplina l’accordo tra le parti sui motivi di appello. I ricorrenti, nel loro atto, contestavano la qualificazione giuridica del fatto, ovvero come il reato era stato inquadrato legalmente.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi proposti inammissibili. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato: l’accordo sui punti concordati in appello implica una rinuncia implicita a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni altra questione. Questo principio rende, di fatto, il ricorso inammissibile se non rientra in specifiche e limitate eccezioni.
Le Motivazioni
La Corte ha articolato le sue motivazioni su alcuni punti cardine.
Il Principio della Rinuncia
L’elemento centrale della decisione è che l’istituto del ‘concordato in appello’ si basa su una logica premiale e deflattiva. L’imputato, accettando di limitare i motivi di appello, ottiene un beneficio (spesso una riduzione di pena) e, in cambio, rinuncia a contestare la sentenza su altri fronti. Questa rinuncia si estende anche a questioni che, in assenza di accordo, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice.
Le Eccezioni alla Regola
I giudici hanno chiarito che questa regola non è assoluta, ma ammette eccezioni tassative. Un ricorso in Cassazione è ammissibile solo se contesta:
1. L’irrogazione di una pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dalla legge o applicata in modo contrario alle norme.
2. Motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato o al consenso del pubblico ministero.
Nel caso specifico, la doglianza relativa alla qualificazione giuridica del fatto non rientrava in nessuna di queste due eccezioni, rendendo così il ricorso inevitabilmente inammissibile.
La Condanna alle Spese e alla Sanzione Pecuniaria
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, e in applicazione dell’art. 616 c.p.p., i ricorrenti sono stati condannati in solido al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha imposto loro il pagamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva è giustificata dal fatto che non è stata ravvisata un’assenza di colpa da parte dei ricorrenti nel determinare la causa di inammissibilità, come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186/2000.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio processuale: la scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Salvo i casi eccezionali di pena illegale o vizi del consenso, questa scelta preclude la possibilità di contestare la sentenza in Cassazione. La decisione serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e consapevole prima di accedere a tali accordi, evidenziando anche i rischi economici (spese e sanzioni) legati alla proposizione di un ricorso inammissibile.
Cosa succede se si impugna una sentenza basata su un accordo in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
Il ricorso viene di norma dichiarato inammissibile, poiché l’accordo tra le parti sui motivi di appello comporta la rinuncia a sollevare qualsiasi altra doglianza nel successivo giudizio di legittimità.
Esistono eccezioni a questa regola di inammissibilità?
Sì, il ricorso è considerato ammissibile solo se riguarda l’applicazione di una pena illegale o se contesta vizi relativi alla formazione della volontà delle parti nell’aderire all’accordo.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo contesto?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di colpa scusabile, al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata a 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13296 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13296 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
tdato avviso alle partig
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che i ricorsi proposti, con il medesimo atto, da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ,che deducono GLYPH il vizio motivazione con 2-0,1 i riferimento al motivo di appellottalla qualificazione del fatto con riguardo ad una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis proc. pen, sono inammissibili in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196) e di motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato nonché al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170), situazioni certamente non ravvisabili nel caso in esame;
stante l’inammissibilità dei ricorsi e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 15/03/2024.