Ricorso Inammissibile: Quando l’Errore di Qualificazione non è ‘Manifesto’
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i rigidi paletti che delimitano la possibilità di contestare la qualificazione giuridica di un reato. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile sia la conseguenza inevitabile quando la presunta erronea interpretazione della legge da parte del giudice di merito non riveste il carattere di ‘errore manifesto’. Questo principio è fondamentale per comprendere la logica del sistema delle impugnazioni penali e per evitare ricorsi destinati al fallimento.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica di uno dei capi d’imputazione a suo carico. In sostanza, sosteneva che il giudice di primo grado avesse inquadrato erroneamente i fatti contestati in una specifica fattispecie di reato, chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare tale valutazione.
La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, la possibilità di ricorrere in Cassazione per un’erronea qualificazione giuridica è circoscritta a ipotesi eccezionali. Non è sufficiente prospettare una diversa interpretazione giuridica, ma è necessario che l’errore del giudice precedente sia ‘manifesto’.
Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale quando non si ravvisa un’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella definizione di ‘errore manifesto’. Secondo la Corte, tale errore si configura solo quando la qualificazione giuridica data dal giudice di merito risulta, con ‘indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità’, palesemente eccentrica rispetto al fatto descritto nel capo di imputazione. In altre parole, la scorrettezza deve essere così evidente da saltare all’occhio senza necessità di complesse argomentazioni o approfondite analisi.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’impugnazione fosse ‘aspecifica e non autosufficiente’, ovvero formulata in termini generici e senza fornire tutti gli elementi necessari per far emergere immediatamente la presunta violazione di legge. Un ricorso che si limita a denunciare un errore di diritto senza dimostrarne la palese e immediata evidenza non supera il vaglio di ammissibilità.
La Corte ha rafforzato il suo ragionamento richiamando un proprio precedente (sentenza n. 13749/2022), che consolida l’orientamento secondo cui non ogni errore di qualificazione giuridica può essere fatto valere in Cassazione, ma solo quello che appare ictu oculi, cioè a prima vista, come un’anomalia rispetto all’imputazione.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante monito: la via del ricorso per Cassazione per vizi legati alla qualificazione giuridica è stretta e percorribile solo in casi limitati. La decisione mira a prevenire impugnazioni dilatorie o basate su mere divergenze interpretative, che appesantirebbero inutilmente il lavoro della Suprema Corte. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso su questo punto deve essere estremamente rigorosa, evidenziando con chiarezza e immediatezza la natura ‘manifesta’ dell’errore contestato, pena la dichiarazione di un ricorso inammissibile con le relative conseguenze economiche.
Quando è possibile ricorrere in Cassazione per un’errata qualificazione giuridica del fatto?
Secondo l’ordinanza, è possibile solo quando l’errore è ‘manifesto’. Ciò significa che la qualificazione data dal giudice deve essere palesemente eccentrica rispetto al capo di imputazione, con una scorrettezza che risulta immediatamente evidente e senza margini di opinabilità.
Cosa si intende per ricorso ‘aspecifico e non autosufficiente’?
Si intende un ricorso che denuncia una violazione di legge in modo generico, senza dimostrare in modo chiaro e immediato, basandosi sul testo della sentenza e delle imputazioni, dove risieda l’errore manifesto. Non è sufficiente proporre una diversa interpretazione giuridica.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11534 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11534 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARATEA il 25/07/1997
avverso la sentenza del 25/06/2024 del GIP TRIBUNALE di IVREA
,dato avviso alle parti,
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME, che deduce il vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto di ciu al capo D), è inammissibile perché manifestamente infondato, dovendosi ribadire che la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sens dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando ta qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (da ultimo, Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023), come nel caso di specie;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025.