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Ricorso inammissibile: limiti e motivazione in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, chiarendo i limiti del giudizio di legittimità. I motivi sono stati respinti perché uno contestava una decisione discrezionale e motivata del giudice di merito (la non riapertura dell’istruttoria), mentre l’altro era generico e mirava a una non consentita rivalutazione delle prove. La decisione sottolinea che l’appello in Cassazione deve basarsi su precisi vizi di legge e non su una diversa interpretazione dei fatti.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Censure non Bastano

L’ordinanza n. 12533/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso nel giudizio di legittimità, ribadendo quando un’impugnazione viene dichiarata ricorso inammissibile. Il caso in esame illustra perfettamente la distinzione tra una critica ammissibile alla logica di una sentenza e un tentativo, non consentito, di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Analizziamo la decisione per comprendere i confini invalicabili del giudizio in Cassazione.

I Fatti del Processo

Il procedimento trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La difesa aveva articolato l’impugnazione su due motivi principali: il primo contestava la decisione dei giudici di merito di non riaprire l’istruttoria dibattimentale, mentre il secondo criticava la valutazione delle prove che aveva portato alla condanna, sostenendo la sussistenza di vizi nella motivazione della sentenza.

Analisi del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per la loro manifesta infondatezza e genericità. Questa analisi è fondamentale per capire perché un ricorso, anche se ben argomentato in apparenza, può non superare il vaglio di ammissibilità.

La Richiesta di Riapertura dell’Istruttoria

Il primo motivo del ricorso si concentrava sul diniego, da parte della Corte d’Appello, di riaprire l’istruttoria. La Cassazione ha chiarito che tale decisione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Un simile provvedimento può essere contestato in sede di legittimità solo se la motivazione è totalmente assente, palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano fornito un’ampia e corretta argomentazione giuridica per giustificare il loro diniego. Pertanto, la critica della ricorrente non verteva su un vizio di legge, ma sul merito di una scelta discrezionale e ben motivata, rendendo il motivo infondato.

La Critica alla Valutazione delle Prove

Il secondo motivo, relativo alla prova della responsabilità penale, è stato giudicato privo di “concreta specificità”. La Corte ha osservato che le censure sollevate non miravano a evidenziare un vizio logico manifesto o un travisamento della prova, ma tendevano a proporre una “rivalutazione delle fonti probatorie” e una “alternativa ricostruzione dei fatti”. Questo tipo di doglianza è inammissibile in Cassazione, il cui compito non è quello di riesaminare le prove come un terzo giudice di merito, ma solo di verificare la correttezza giuridica e la tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata. Non è sufficiente evidenziare minime incongruenze se queste non sono in grado di disarticolare l’intero impianto logico-probatorio della decisione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la sua ordinanza, ha ribadito con fermezza i principi che governano il suo giudizio. Ha sottolineato che non sono ammesse censure che riguardano la “persuasività”, l'”adeguatezza” o la “mancanza di rigore” della motivazione, se non si traducono in un’illogicità manifesta e decisiva. Il ruolo della Cassazione è quello di controllore della legalità, non di giudice del fatto. Il ricorso è stato quindi ritenuto uno strumento improprio per sollecitare una nuova e diversa lettura del materiale probatorio già vagliato dai giudici di merito. La mancanza di correlazione tra le critiche mosse e la complessa argomentazione della sentenza impugnata ha contribuito a qualificare il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

L’esito del giudizio è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La decisione rappresenta un monito fondamentale per chi intende adire la Corte di Cassazione: i motivi di ricorso devono essere formulati con estrema precisione tecnica, identificando specifici vizi di legittimità (errori di diritto o vizi logici manifesti) e non possono risolversi in un mero dissenso rispetto all’interpretazione delle prove data dai giudici dei precedenti gradi di giudizio.

È possibile contestare in Cassazione il rifiuto di riaprire l’istruttoria deciso in Appello?
Sì, ma solo se la motivazione del giudice d’Appello è del tutto assente, manifestamente illogica o contraddittoria. Se la decisione è frutto di un potere discrezionale esercitato con una motivazione adeguata e coerente, come nel caso di specie, non può essere censurata in Cassazione.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “privo di concreta specificità”?
Significa che la critica è generica, non individua un preciso errore di diritto o un vizio logico decisivo nella sentenza impugnata, ma tende piuttosto a sollecitare un nuovo esame del merito della causa o una diversa valutazione delle prove, attività precluse alla Corte di Cassazione.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di un ricorso inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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