Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19356 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19356 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 24/09/1971
avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata in data 1 agosto 2024 la Corte di appello
di Roma ha riformato parzialmente, su accordo delle parti e con rinuncia ai residui motivi di impugnazione ai sensi dell’art. 599
bis cod. proc. pen., la
precedente sentenza emessa il 4 ottobre 2023 con cui il Tribunale di Roma aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni 1 e mesi 7 di reclusione, oltre
pene accessorie, riducendola in anni 1 di reclusione, in continuazione con i reati già giudicati con la sentenza n. 13458 del 2018, divenuta irrevocabile e
confermando nel resto;
che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio
di motivazione con riferimento all’omessa disamina di eventuali cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che, come questa Corte (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, rv 278170) ha già
avuto modo di affermare, avverso la pronuncia emessa ex
art, 599-bis cod.
proc. pen. è ammissibile il ricorso in cassazione che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del
pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre non sono consentite le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e a vizi attinenti alla determinazione della pena, che non si siano trasfusi nell’illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge;
che nel caso in esame il ricorrente si è limitato a censurare la mancata disamina di eventuali cause di proscioglimento;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. GLYPH
Così deciso in Roma,