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Ricorso inammissibile: limiti e conseguenze

La Corte di Cassazione, con ordinanza, dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi proposti non rientrano tra quelli consentiti dalla legge, non configurandosi un’ipotesi di pena illegale. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: l’Ordinanza della Cassazione

Quando si presenta un’impugnazione in Cassazione, è fondamentale rispettare i paletti imposti dalla legge. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio delle conseguenze di un ricorso inammissibile. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno ribadito che i motivi di ricorso devono rientrare in un novero ben definito, escludendo censure generiche o non pertinenti. L’esito, in questo caso, è stato la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese, ma anche a una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello de L’Aquila. Il ricorrente, un giovane nato nel 2001, ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione. Il collegio, dopo aver dato avviso alle parti e ascoltato la relazione del Consigliere designato, ha proceduto alla valutazione dei motivi di impugnazione.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate dal ricorrente, ma si è fermata a un livello preliminare. I giudici hanno stabilito che le ragioni presentate a sostegno dell’impugnazione non rientravano tra quelle specificamente consentite per adire la Suprema Corte. In particolare, il motivo di ricorso non verteva su un’ipotesi di ‘pena illegale’, uno dei presupposti che avrebbero potuto giustificare l’intervento della Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine della procedura penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può ridiscutere l’intera vicenda. È, invece, un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti.

Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che ‘il motivo di ricorso esula da quelli consentiti’. Per rafforzare questa conclusione, hanno richiamato precedenti pronunce giurisprudenziali, tra cui una delle Sezioni Unite, che definiscono chiaramente i confini del concetto di ‘pena illegale’ come motivo di ricorso. Poiché la doglianza del ricorrente non rientrava in tale categoria, l’impugnazione è stata immediatamente bloccata. La conseguenza diretta e inevitabile di tale declaratoria è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma, determinata in via equitativa in quattromila euro, a favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: la redazione di un ricorso per cassazione richiede rigore tecnico e una piena aderenza ai motivi tassativamente indicati dalla legge. Presentare un ricorso inammissibile non solo non porta ad alcun risultato utile, ma comporta anche significative conseguenze economiche per l’imputato. La decisione sottolinea che la Cassazione non può essere utilizzata come un’ulteriore istanza per riesaminare i fatti, ma solo per correggere errori di diritto. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende funge da deterrente contro la presentazione di impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo proposto dal ricorrente non rientrava tra quelli specificamente consentiti dalla legge, in particolare perché non si trattava di un’ipotesi di ‘pena illegale’.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

A quale principio si è appellata la Corte per giustificare la sua decisione?
La Corte ha basato la sua decisione sul principio secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono tassativi e limitati al controllo di legittimità. Ha citato specifica giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite, per sottolineare che il caso in esame non configurava un’ipotesi di pena illegale, unico presupposto che avrebbe potuto rendere ammissibile il motivo proposto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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