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Ricorso inammissibile: limiti dell’impugnazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato avverso una sentenza di concordato in appello (ex art. 599-bis c.p.p.). L’imputato aveva rinunciato a specifici motivi di gravame per accordarsi sulla pena, ma li ha poi riproposti in Cassazione. La Corte ha ribadito che l’impugnazione in questi casi è permessa solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo e non per riesaminare motivi rinunciati, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione sui Limiti del Concordato in Appello

Quando si sceglie la via del concordato in appello, noto anche come “patteggiamento in appello”, si compie una scelta processuale con conseguenze precise. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini dell’impugnazione successiva, dichiarando il ricorso inammissibile se basato su motivi a cui si è espressamente rinunciato. Questo provvedimento rafforza la stabilità degli accordi processuali e serve da monito contro impugnazioni dilatorie.

Il Caso: Dall’Accordo in Appello al Ricorso per Cassazione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato che, dinanzi alla Corte d’Appello, aveva raggiunto un accordo con il Procuratore Generale per la determinazione della pena, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Per ottenere tale accordo, l’imputato aveva contestualmente rinunciato a specifici motivi di impugnazione, tra cui quelli relativi all’applicazione di un’aggravante e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

Nonostante l’accordo e la conseguente sentenza, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sollevando un vizio di motivazione. La questione fondamentale posta alla Corte era se tale ricorso potesse essere considerato ammissibile, nonostante la precedente rinuncia ai motivi di merito.

La Decisione della Suprema Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno fatto riferimento a un orientamento consolidato secondo cui, a seguito di una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p., l’imputato non può più contestare nel merito le questioni che sono state oggetto della sua stessa rinuncia. L’accordo sulla pena, infatti, implica un’accettazione del quadro accusatorio e sanzionatorio definito in appello, precludendo un successivo ripensamento davanti alla Cassazione.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o non consentiti dalla legge.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Questo istituto processuale è finalizzato a una definizione più rapida del processo e si basa su una negoziazione tra accusa e difesa. La rinuncia ai motivi di appello è un elemento essenziale di questo patto.

La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione avverso una tale sentenza è consentito solo in casi eccezionali e circoscritti, quali:

1. Vizi della volontà: Se l’imputato dimostra che il suo consenso all’accordo è stato viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Vizi del consenso del P.G.: Se emergono irregolarità nel consenso prestato dal Procuratore Generale.
3. Difformità della sentenza: Se il giudice d’appello ha emesso una pronuncia difforme rispetto ai termini dell’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è considerato inammissibile. Sono escluse, in particolare, le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., poiché l’accordo sulla pena presuppone l’assenza di tali condizioni.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è una strategia processuale che comporta benefici (certezza e potenziale riduzione della pena) ma anche rinunce definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente questa decisione, consapevoli che chiude la porta a successive contestazioni di merito. La decisione della Cassazione rafforza la validità e l’efficacia degli accordi processuali, garantendo che non vengano utilizzati come meri espedienti per poi tentare di riaprire la discussione in sede di legittimità. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende sottolinea ulteriormente la serietà di tale istituto e la volontà del legislatore di sanzionare l’abuso dello strumento processuale.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo un accordo sulla pena (‘concordato’) in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del Procuratore, o se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo raggiunto.

Si può impugnare una sentenza basata su un accordo per motivi a cui si era rinunciato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se si basa su doglianze relative a motivi che sono stati oggetto di rinuncia esplicita durante l’accordo in appello.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
Oltre alla declaratoria di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso non consentito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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