Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma l’accesso a questa fase è tutt’altro che scontato. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga respinto per ragioni procedurali, sottolineando l’importanza di rispettare scrupolosamente i limiti imposti dalla legge. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i paletti normativi che definiscono l’accesso al giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione da un individuo, a seguito di una sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa. Il ricorrente basava la sua impugnazione su un’unica, precisa doglianza: la presunta omessa applicazione, da parte del giudice di merito, dell’articolo 129 del codice di procedura penale. Questa norma impone al giudice di dichiarare d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, l’esistenza di una causa di non punibilità, come ad esempio l’estinzione del reato o il fatto che l’azione non costituisce reato.
In sostanza, il ricorrente riteneva che vi fossero i presupposti per un proscioglimento immediato e che il Tribunale avesse erroneamente omesso di rilevarli.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, esaminato il caso, ha emesso un’ordinanza dal contenuto tanto sintetico quanto perentorio: il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Di conseguenza, il ricorrente non solo ha visto la sua istanza respinta senza un esame nel merito, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza tipica nei casi di inammissibilità, volta a scoraggiare impugnazioni presentate con leggerezza o senza fondamento giuridico.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede in un’argomentazione puramente procedurale. La Corte ha osservato che il motivo del ricorso, sebbene incentrato su un principio fondamentale come quello del proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.), era stato proposto per ragioni non contemplate dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Questa norma è cruciale perché elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. Si tratta di un ‘filtro’ molto stretto, che limita l’impugnazione a questioni come l’erronea qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena o l’inosservanza di norme processuali sanzionate con la nullità. La doglianza del ricorrente, riguardante la valutazione di merito sulla sussistenza di una causa di proscioglimento, non rientrava in questo elenco. Pertanto, il ricorso era proceduralmente viziato in partenza, rendendolo inevitabilmente inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’accesso ai mezzi di impugnazione non è illimitato, ma è strettamente regolato dalla legge. In particolare, quando si tratta del ricorso per Cassazione, specialmente in contesti procedurali specifici come quello successivo a un patteggiamento, i motivi di appello sono circoscritti e non possono essere estesi a questioni di merito che il legislatore ha inteso escludere. La decisione serve da monito: prima di intraprendere un’azione legale, è essenziale una valutazione rigorosa dei presupposti di ammissibilità, per evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche significative conseguenze economiche.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto per ragioni non consentite dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, una norma che limita in modo specifico i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che il giudice del precedente grado di giudizio non avesse applicato l’art. 129 del codice di procedura penale, il quale obbliga a dichiarare immediatamente l’esistenza di una causa di proscioglimento.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34100 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34100 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2025 del TRIBUNALE di SIRACUSA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
16287/25- COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso, riguardante la omessa applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., è proposto per ragioni non consentite dall’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen.;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.09.2025