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Ricorso inammissibile: limiti del vizio di motivazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché il vizio di motivazione non rientra tra i motivi validi per l’appello. L’ordinanza chiarisce anche che la mancata applicazione di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. richiede una motivazione specifica solo in presenza di elementi concreti. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Vizio di Motivazione

L’esito di un processo non sempre soddisfa tutte le parti coinvolte, ma l’accesso ai gradi di giudizio superiori è regolato da norme precise. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito i confini entro cui un’impugnazione può essere considerata valida, dichiarando un ricorso inammissibile perché fondato su motivi non consentiti. Questa decisione offre spunti fondamentali sui requisiti di un ricorso e sull’onere della motivazione del giudice in merito alle cause di proscioglimento.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una sentenza emessa dal Tribunale, decideva di presentare ricorso per cassazione. Le sue doglianze si concentravano principalmente su un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata e sul mancato rilievo, da parte del giudice di merito, di possibili cause di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti ma collegati, che delineano chiaramente i limiti dell’appello in sede di legittimità.

Il Vizio di Motivazione come Motivo di Ricorso

Il primo punto affrontato dai giudici è la natura dei motivi che possono giustificare un ricorso in Cassazione. La Corte ha sottolineato che un generico “vizio di motivazione” non è di per sé un motivo valido per contestare una sentenza. Il ricorso deve basarsi su violazioni di legge specifiche o su vizi logici manifesti e decisivi, non su una semplice riconsiderazione del merito della vicenda. Inoltre, nel caso di specie, il ricorrente non aveva sollevato alcuna questione circa l’illegalità della pena inflitta, restringendo ulteriormente il campo dei motivi ammissibili.

L’Applicazione dell’Art. 129 c.p.p. e l’Onere della Motivazione

La seconda questione riguarda l’obbligo del giudice di dichiarare d’ufficio le cause di non punibilità. La Cassazione, richiamando consolidati orientamenti delle Sezioni Unite, ha chiarito che il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata sulla mancata applicazione delle cause di proscioglimento se dagli atti processuali o dalle argomentazioni delle parti non emergono elementi concreti che ne suggeriscano l’esistenza. In assenza di tali elementi, è sufficiente una motivazione implicita, che si desume dal fatto che il giudice ha comunque esaminato il caso e pronunciato una condanna, compiendo così la verifica richiesta dalla legge.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si radicano nella funzione stessa del giudizio di legittimità, che non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Dichiarare un ricorso inammissibile perché basato su una generica contestazione della motivazione serve a preservare questa funzione, evitando che la Cassazione venga sommersa da appelli che chiedono una nuova valutazione dei fatti. La Corte ha ribadito che il giudizio negativo sulla sussistenza di cause di proscioglimento deve essere esplicitamente motivato solo quando vi sia un “fumus”, ovvero un principio di prova o un’allegazione specifica che imponga al giudice un approfondimento. In caso contrario, si presume che la verifica sia stata fatta e abbia dato esito negativo. Questa interpretazione garantisce un equilibrio tra il diritto di difesa e l’efficienza del sistema giudiziario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende impugnare una sentenza penale. La decisione finale è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende. Questa conclusione sottolinea che un ricorso inammissibile non è privo di conseguenze. Le implicazioni pratiche sono chiare: un ricorso per cassazione deve essere redatto con rigore tecnico, fondandosi su motivi specifici previsti dalla legge e non su una generica insoddisfazione per la decisione di merito. Contestare la motivazione di una sentenza richiede l’identificazione di vizi logici palesi e non di semplici divergenze interpretative. Allo stesso modo, per sollecitare una pronuncia sulle cause di proscioglimento, è necessario che la difesa fornisca elementi concreti già nei gradi di merito.

Quando un vizio di motivazione rende un ricorso inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un vizio di motivazione non rientra tra i motivi validi per un ricorso per cassazione se non è specificamente argomentato come una violazione di legge o un errore logico manifesto e decisivo. Una critica generica alla motivazione del giudice di merito non è sufficiente.

Il giudice deve sempre motivare in modo approfondito la mancata applicazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.)?
No. Una motivazione specifica è richiesta solo se dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergono elementi concreti che indichino la possibile applicazione di una causa di non punibilità. In caso contrario, è sufficiente una motivazione implicita, consistente nella pronuncia stessa della sentenza di condanna.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dal giudice secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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