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Ricorso inammissibile: limiti del patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una sentenza di patteggiamento in appello. La Corte ha ribadito che l’impugnazione è consentita solo per vizi relativi alla formazione della volontà, al consenso del PM o a una decisione difforme dall’accordo, escludendo motivi legati alla determinazione della pena.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: i confini invalicabili del Patteggiamento in Appello

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame chiarisce in modo netto i limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento in appello, rendendo il ricorso inammissibile se non fondato su motivi specifici. Questa pronuncia offre un’importante lezione sulla definitività degli accordi processuali e sulle conseguenze per chi tenta di rimetterli in discussione per ragioni non contemplate dalla legge.

Il Contesto del Caso: dall’Accordo in Appello al Ricorso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, che disciplina il cosiddetto ‘concordato anche con rinuncia ai motivi di appello’ o ‘patteggiamento in appello’.

In sostanza, la difesa dell’imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale sulla rideterminazione della pena, ottenendo così una sentenza favorevole in secondo grado. Nonostante l’accordo, il difensore ha successivamente presentato ricorso per Cassazione, lamentando una presunta ‘illogicità nella determinazione della pena’.

La Decisione della Cassazione: un ricorso inammissibile

La Suprema Corte, con una decisione presa de plano (cioè senza udienza pubblica, direttamente in camera di consiglio), ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa scelta non entra nel merito della doglianza, ma si ferma a un vaglio preliminare, evidenziando come i motivi addotti dal ricorrente non rientrassero nel perimetro, molto ristretto, delle censure ammissibili in questi casi.

I Limiti dell’Impugnazione ex Art. 599-bis c.p.p.

L’ordinanza richiama un principio consolidato, rafforzato dalla reintroduzione del patteggiamento in appello con la Legge n. 103 del 2017. Secondo tale principio, una volta che le parti hanno raggiunto un accordo sulla pena e il giudice lo ha ratificato con una sentenza, la possibilità di impugnare tale decisione è eccezionale. Il ricorso in Cassazione è consentito solo per tre specifiche categorie di motivi:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Mancato consenso del P.M.: se l’accordo è stato raggiunto senza il valido consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto difforme: se la sentenza emessa dal giudice è diversa, nel suo contenuto, rispetto all’accordo stipulato tra le parti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha osservato che il motivo del ricorso – l’illogicità nella determinazione della pena – non rientra in nessuna delle tre categorie ammesse. Criticare la congruità o la logica della pena concordata significa, di fatto, rimettere in discussione il merito stesso dell’accordo che si è liberamente scelto di sottoscrivere. Accettando il patteggiamento, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare la quantificazione della pena, a meno che non dimostri un vizio genetico dell’accordo stesso.

Di conseguenza, poiché il motivo del ricorso era palesemente estraneo a quelli consentiti, la Corte ha applicato l’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che prevede la dichiarazione di inammissibilità de plano per i ricorsi che non superano questo vaglio preliminare.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un punto fondamentale: il patteggiamento in appello è un patto processuale che, una volta siglato, acquista una stabilità quasi assoluta. Le parti che scelgono questa via deflattiva devono essere consapevoli che la rinuncia ai motivi di appello preclude, in sede di legittimità, quasi ogni tipo di censura.

L’imputato e il suo difensore non possono sperare di beneficiare dei vantaggi dell’accordo (come una pena più mite) e, contemporaneamente, mantenere aperta la possibilità di contestarne il contenuto. La dichiarazione di ricorso inammissibile e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro alla Cassa delle ammende servono da monito: le vie dell’impugnazione non possono essere percorse con leggerezza, specialmente quando si è già scelto di definire il processo tramite un accordo.

Quando è possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello?
La sentenza chiarisce che il ricorso è ammesso solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, oppure se il contenuto della pronuncia del giudice è difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, ovvero una presunta illogicità nella determinazione della pena, non rientra in nessuna delle tre categorie di vizi per cui è consentita l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento in appello.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile come questo?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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