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Ricorso inammissibile: limiti del patteggiamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1330/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento in appello. L’imputato, condannato per tentata rapina aggravata e altri reati, non può contestare il mancato proscioglimento, poiché i motivi di impugnazione in questi casi sono limitati a vizi procedurali dell’accordo e non possono riguardare il merito della vicenda.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 1330 del 2024 della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di ‘patteggiamento in appello’. La decisione sottolinea come, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, non sia più possibile sollevare questioni di merito, rendendo il ricorso inammissibile se fondato su tali basi. Questo principio è fondamentale per comprendere la natura dispositiva di tale istituto processuale e le sue conseguenze.

I Fatti del Caso

Un individuo, a seguito di una condanna, proponeva appello. In tale sede, la sua difesa e la pubblica accusa raggiungevano un accordo sulla pena da applicare, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte di Appello di Napoli, recependo la richiesta concorde delle parti, applicava la pena di due anni e sei mesi di reclusione, oltre a una multa di 1.200 euro, per una serie di reati continuati, tra cui tentata rapina aggravata, lesioni e porto abusivo di oggetti atti a offendere.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di impugnazione era la violazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, sostenendo che i giudici avrebbero dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento (assoluzione) anziché applicare la pena concordata.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando un errore di fondo nell’impostazione difensiva. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la sentenza che recepisce un patteggiamento in appello può essere impugnata solo per motivi molto specifici e circoscritti.

Questi motivi attengono esclusivamente a vizi nella formazione dell’accordo stesso, quali:

1. Difetti nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Vizi relativi al consenso prestato dal pubblico ministero.
3. Una decisione del giudice difforme rispetto a quanto pattuito tra le parti.

Qualsiasi doglianza relativa a elementi fattuali, alla valutazione delle circostanze del reato o alla congruità della pena concordata è, invece, preclusa.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha spiegato che il patteggiamento in appello è un negozio processuale attraverso cui le parti esercitano un potere dispositivo riconosciuto dalla legge. Una volta che questo accordo è stato liberamente stipulato e consacrato nella decisione del giudice, non può essere modificato unilateralmente. L’unica eccezione è l’ipotesi di ‘illegalità della pena’, ovvero quando la sanzione pattuita sia contraria a norme imperative, ma non era questo il caso.

Nel caso specifico, il ricorrente cercava di rimettere in discussione il merito della sua responsabilità penale, chiedendo un proscioglimento che, per definizione, è incompatibile con la scelta di concordare la pena. L’accordo sulla pena implica, infatti, una rinuncia a contestare la colpevolezza. La Corte di Appello, prima di applicare la pena concordata, aveva correttamente verificato l’assenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., ritenendo congrua la pena proposta dalle parti.

Inoltre, la Corte ha definito il motivo di ricorso come ‘assolutamente generico ed aspecifico’, poiché si limitava a enunciare un principio di diritto senza confrontarsi concretamente con le motivazioni dei giudici di appello o indicare elementi specifici che avrebbero dovuto portare a una diversa conclusione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma la natura del patteggiamento in appello come uno strumento che chiude la vicenda processuale sul merito, salvo vizi genetici dell’accordo. La scelta di concordare la pena preclude la possibilità di sollevare successivamente questioni relative alla propria colpevolezza. Un ricorso basato su tali argomenti è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile contestare una sentenza di patteggiamento in appello chiedendo l’assoluzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la scelta di concordare la pena è incompatibile con una richiesta di proscioglimento. Il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi nella formazione dell’accordo, il consenso del PM o una decisione del giudice non conforme al patto, non per questioni di merito.

Quali sono i motivi per cui un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello può essere considerato valido?
I motivi validi sono limitati a vizi che inficiano l’accordo processuale stesso, come un difetto nella volontà dell’imputato di aderire al concordato, un vizio nel consenso del pubblico ministero o una pronuncia del giudice che si discosta da quanto pattuito.

Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione per motivi non consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, questa declaratoria comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, la cui entità è fissata equitativamente dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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