Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
La Corte di Cassazione svolge un ruolo cruciale nel nostro ordinamento: quello di garantire l’uniforme interpretazione della legge. Non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Una recente ordinanza ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché basato su motivi non consentiti. Analizziamo insieme questa decisione per capire i confini del giudizio di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso nasce da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Sassari. L’imputato, non soddisfatto della decisione dei giudici di secondo grado, ha deciso di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della condanna.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Cassazione
I motivi addotti dal ricorrente si concentravano essenzialmente su due aspetti: la contestazione della valutazione sull’esistenza dell’elemento soggettivo del reato e una richiesta di riconsiderare le prove emerse durante il processo. In sostanza, si chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova valutazione dei fatti, un’operazione che esula completamente dalle sue competenze.
I giudici hanno rapidamente rilevato come tali argomentazioni non fossero ammissibili in quella sede. Le contestazioni del ricorrente sono state qualificate come “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero critiche alla ricostruzione degli eventi operata dai giudici di merito, e non come censure sulla violazione o errata applicazione di norme di diritto.
Le Motivazioni: Perché il ricorso è inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di un principio consolidato. Il giudizio di legittimità, come quello svolto dalla Cassazione, non è una terza istanza di merito. Il suo compito non è stabilire “come sono andati i fatti”, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge.
Chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove o l’elemento psicologico del reato significa chiederle di compiere un’attività che la legge riserva esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. La Cassazione ha richiamato la sua stessa giurisprudenza costante (tra cui le sentenze n. 9106/2021, n. 18521/2018 e n. 29480/2017), che da anni ribadisce come le censure fattuali siano estranee al suo sindacato.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Infine, è stato condannato a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile, volta a scoraggiare impugnazioni palesemente infondate o dilatorie. Questa ordinanza serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise questioni di diritto, altrimenti il rischio non è solo il rigetto, ma anche una condanna economica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non riguardavano errori di diritto, ma erano semplici contestazioni sulla valutazione dei fatti e delle prove, inclusa l’analisi dell’elemento soggettivo del reato. Questo tipo di valutazione è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere riesaminato in sede di legittimità.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’?
Significa che il suo compito non è decidere nuovamente la causa nel merito (cioè riesaminare i fatti e le prove), ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le leggi e seguito le giuste procedure. Può annullare una sentenza solo per violazioni di legge, non perché non condivide la ricostruzione fattuale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato a pagare sia le spese del procedimento sia una somma aggiuntiva di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione è prevista per scoraggiare la presentazione di ricorsi infondati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3618 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3618 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittim perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto sulla valutazione dell’esistenza o me dell’elemento soggettivo del reato ed in una richiesta di rivalutazione delle evidenze probatori che di per sé non è apprezzabile in sede di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, Sentenza n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023.