Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
Quando si parla di giustizia, l’ultimo grado di giudizio è rappresentato dalla Corte di Cassazione. Tuttavia, il suo ruolo non è quello di un ‘terzo processo’. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito i confini del proprio intervento, specialmente in materia di misure di prevenzione, dichiarando un ricorso inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti e non a una censura sulla corretta applicazione della legge.
Il caso: una misura di prevenzione confermata in Appello
Il caso analizzato riguarda un soggetto destinatario di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale, disposta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Secondo i giudici di merito, la pericolosità sociale della persona era desumibile dai suoi precedenti penali, dai procedimenti in corso e dalla mancanza di mezzi leciti e stabili di sostentamento.
Contro questa decisione, il difensore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nella sua valutazione. In particolare, si contestava che i precedenti non dimostrassero una continuità criminale e che il ricorrente, in realtà, svolgesse un’attività lavorativa, seppur saltuaria.
I motivi del ricorso e il perché è stato ritenuto inammissibile
Il punto centrale della questione è la differenza tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio di motivazione’. Nel procedimento di prevenzione, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per la prima. Il ricorrente ha tentato di inquadrare le sue lamentele come una violazione di legge, ma la Corte ha smascherato il tentativo, qualificandolo come una semplice richiesta di rilettura degli elementi di fatto.
La difesa, infatti, non ha indicato quale norma fosse stata applicata erroneamente, ma ha proposto una diversa interpretazione delle prove: i precedenti penali non sarebbero così gravi, il lavoro saltuario dovrebbe essere considerato sufficiente. Queste, però, sono valutazioni di merito, di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Un ricorso inammissibile è proprio quello che, mascherandosi da censura di diritto, cerca di ottenere un terzo giudizio sui fatti.
Il Limite della ‘Motivazione Apparente’
La difesa ha anche sostenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse ‘meramente apparente’. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, chiarendo che una motivazione è apparente solo quando è del tutto slegata dalle risultanze processuali o si basa su affermazioni generiche o apodittiche. Nel caso di specie, la decisione impugnata, sebbene contestata, era fondata sugli elementi acquisiti nel processo e quindi non poteva considerarsi inesistente o apparente.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 159 del 2011, il ricorso contro i decreti in materia di misure di prevenzione è limitato alla sola ‘violazione di legge’.
Le censure del ricorrente, sebbene formalmente presentate come violazioni di legge, attaccavano in realtà il nucleo della valutazione di merito compiuta dalla Corte d’Appello. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare il peso dei precedenti penali o la rilevanza di un’attività lavorativa saltuaria equivale a sollecitare un nuovo giudizio di fatto, operazione preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha sottolineato come le doglianze non facessero altro che proporre una ‘rilettura alternativa’ degli elementi a base della decisione, il che non è consentito.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: chi intende impugnare in Cassazione un provvedimento in materia di misure di prevenzione deve concentrarsi esclusivamente su eventuali errori nell’interpretazione o nell’applicazione delle norme giuridiche. Tentare di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti compiuto dai giudici di merito conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La distinzione tra merito e legittimità rimane un pilastro fondamentale del nostro sistema processuale.
Per quale motivo un ricorso in Cassazione per una misura di prevenzione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se proposto per motivi non consentiti dalla legge, come la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, anziché per denunciare una specifica violazione di una norma di legge.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione della pericolosità sociale fatta dai giudici di merito?
No, non è possibile se la contestazione si limita a proporre una diversa interpretazione degli elementi di fatto (come precedenti penali o situazione lavorativa), poiché questo non costituisce una ‘violazione di legge’ ma un tentativo di riesame del merito, precluso in sede di legittimità.
Cosa si intende per ‘motivazione meramente apparente’ secondo la Corte?
È una motivazione che risulta completamente slegata dalle risultanze processuali o che si basa su argomentazioni di puro genere, affermazioni apodittiche o proposizioni prive di efficacia dimostrativa. Una motivazione che, pur contestata, si basa sugli atti del processo non è ‘apparente’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14595 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ERICE( ITALIA) il 29/10/1992
avverso il decreto del 12/07/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME NOME COGNOME avverso il decreto in epigrafe, con cui in data 12.7.2024 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato il decreto emesso in data 13.10.2023 dal Tribunale di Trapani di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale;
Premesso che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011, è ammesso soltanto per violazione di legge (Sez. 2, n. 20968 del 6/7/2020, Pg c. COGNOME, Rv. 279435 – 01; Sez. 6, n. 21525 del 18/6/2020, Mulè, Rv. 279284 – 01);
Evidenziato che l’unico motivo di ricorso attacca essenzialmente la motivazione del decreto impugnato, lamentando che la Corte d’Appello abbia ritenuto la pericolosità sociale del ricorrente sulla base dei precedenti penali e dei procedimenti pendenti, laddove invece tali dati non dimostrano una continuità criminosa di COGNOME, e in ragione della mancanza di mezzi leciti di sostentamento, laddove invece il ricorrente svolge un’attività lavorativa saltuaria preso un ovile;
Ritenuto si tratti di censure che, sebbene presentate nel ricorso come integranti una violazione di legge dedotta ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., denunciano piuttosto un vizio di motivazione per il tramite di non consentite doglianze in punto di fatto, che sollecitano una rilettura alternativa degli elementi posti a base della decisione impugnata;
Considerato che il ricorso non possa essere preso in considerazione nemmeno quando deduce che quella del decreto impugnato sia una “motivazione meramente apparente”, tenuto conto che la motivazione apparente e, dunque, inesistente è ravvisabile soltanto quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa (Sez. 5, n. 9677 del 14/7/2014, dep. 2015, P.g. in proc. COGNOME, Rv. 263100 – 01), ciò che non si è verificato nel caso di specie;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto proposto per motivi non consentiti dalla legge, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16.1.2025