LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una nuova valutazione dei fatti sulla pericolosità sociale del ricorrente, anziché denunciare una vera e propria violazione di legge, unico motivo consentito in questa sede.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti

Quando si parla di giustizia, l’ultimo grado di giudizio è rappresentato dalla Corte di Cassazione. Tuttavia, il suo ruolo non è quello di un ‘terzo processo’. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito i confini del proprio intervento, specialmente in materia di misure di prevenzione, dichiarando un ricorso inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti e non a una censura sulla corretta applicazione della legge.

Il caso: una misura di prevenzione confermata in Appello

Il caso analizzato riguarda un soggetto destinatario di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale, disposta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Secondo i giudici di merito, la pericolosità sociale della persona era desumibile dai suoi precedenti penali, dai procedimenti in corso e dalla mancanza di mezzi leciti e stabili di sostentamento.

Contro questa decisione, il difensore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nella sua valutazione. In particolare, si contestava che i precedenti non dimostrassero una continuità criminale e che il ricorrente, in realtà, svolgesse un’attività lavorativa, seppur saltuaria.

I motivi del ricorso e il perché è stato ritenuto inammissibile

Il punto centrale della questione è la differenza tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio di motivazione’. Nel procedimento di prevenzione, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per la prima. Il ricorrente ha tentato di inquadrare le sue lamentele come una violazione di legge, ma la Corte ha smascherato il tentativo, qualificandolo come una semplice richiesta di rilettura degli elementi di fatto.

La difesa, infatti, non ha indicato quale norma fosse stata applicata erroneamente, ma ha proposto una diversa interpretazione delle prove: i precedenti penali non sarebbero così gravi, il lavoro saltuario dovrebbe essere considerato sufficiente. Queste, però, sono valutazioni di merito, di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Un ricorso inammissibile è proprio quello che, mascherandosi da censura di diritto, cerca di ottenere un terzo giudizio sui fatti.

Il Limite della ‘Motivazione Apparente’

La difesa ha anche sostenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse ‘meramente apparente’. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, chiarendo che una motivazione è apparente solo quando è del tutto slegata dalle risultanze processuali o si basa su affermazioni generiche o apodittiche. Nel caso di specie, la decisione impugnata, sebbene contestata, era fondata sugli elementi acquisiti nel processo e quindi non poteva considerarsi inesistente o apparente.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 159 del 2011, il ricorso contro i decreti in materia di misure di prevenzione è limitato alla sola ‘violazione di legge’.

Le censure del ricorrente, sebbene formalmente presentate come violazioni di legge, attaccavano in realtà il nucleo della valutazione di merito compiuta dalla Corte d’Appello. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare il peso dei precedenti penali o la rilevanza di un’attività lavorativa saltuaria equivale a sollecitare un nuovo giudizio di fatto, operazione preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha sottolineato come le doglianze non facessero altro che proporre una ‘rilettura alternativa’ degli elementi a base della decisione, il che non è consentito.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: chi intende impugnare in Cassazione un provvedimento in materia di misure di prevenzione deve concentrarsi esclusivamente su eventuali errori nell’interpretazione o nell’applicazione delle norme giuridiche. Tentare di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti compiuto dai giudici di merito conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La distinzione tra merito e legittimità rimane un pilastro fondamentale del nostro sistema processuale.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione per una misura di prevenzione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se proposto per motivi non consentiti dalla legge, come la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, anziché per denunciare una specifica violazione di una norma di legge.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione della pericolosità sociale fatta dai giudici di merito?
No, non è possibile se la contestazione si limita a proporre una diversa interpretazione degli elementi di fatto (come precedenti penali o situazione lavorativa), poiché questo non costituisce una ‘violazione di legge’ ma un tentativo di riesame del merito, precluso in sede di legittimità.

Cosa si intende per ‘motivazione meramente apparente’ secondo la Corte?
È una motivazione che risulta completamente slegata dalle risultanze processuali o che si basa su argomentazioni di puro genere, affermazioni apodittiche o proposizioni prive di efficacia dimostrativa. Una motivazione che, pur contestata, si basa sugli atti del processo non è ‘apparente’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati