Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 02/01/2024 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare il ricorso. letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare
inammissibile il ricorso per la sopravvenuta carenza di interesse.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, con ordinanza del 2 maggio 2023, ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, ritenuto gravemente indiziato della commissione del delitto di estorsione aggravata dall’impiego del metodo mafioso.
Con ordinanza del 12 giugno 2023 il Tribunale di Catania ha rigettato la richiesta di riesame proposta dal AVV_NOTAIO e ha confermato l’ordinanza cautelare impugnata.
La Seconda sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 46097 del 9 novembre 2023, ha accolto il ricorso proposto dal COGNOME e ha annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catania limitatamente alla «valutazione delle esigenze cautelari», con rinvio per nuovo esame sul punto.
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di riesame di Catania, pronunciando in sede di rinvio, ha confermato l’ordinanza impugnata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento.
Il difensore, con un unico motivo di ricorso, censura l’inosservanza degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale si sarebbe uniformato solo apoditticamente e genericamente al principio di diritto dettato dalla sentenza rescindente della Corte di cassazione.
Il Tribunale, infatti, avrebbe ritenuto concreto e attuale il pericolo di reiterazione criminosa dalla condotta posta in essere da COGNOME, che asseritamente avrebbe interessato un soggetto mafioso, NOME COGNOME, al fine di imporre alla persona offesa il pagamento parziale di una cartella esattoriale emessa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale, tuttavia, non si sarebbe confrontato con le censure proposte dalla difesa, che ha rilevato come l’intervento del malavitoso non sarebbe stato promosso da COGNOME, bensì sarebbe frutto della scelta e dell’iniziativa della stessa persona offesa, NOME COGNOME, «per sistemarmi la cosa», come precisato nella denuncia sporta.
Il Tribunale, dunque, travisando le risultanze probatorie, avrebbe affermato la pericolosità del ricorrente, in quanto, essendosi rivolto ad un soggetto malavitoso, avrebbe agito con metodo mafioso.
Il difensore rileva, inoltre, che il travisamento dei dati probatori, l condizione di incensuratezza del ricorrente e lo spostamento del proprio domicilio in altra provincia (Ragusa) renderebbero la motivazione relativa alle esigenze cautelari del tutto apparente.
Li Q . Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 4 giugno maggio 2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, ha chiesto di rigettare il ricorso.
In data 10 giugno 2024 l’AVV_NOTAIO ha depositato rinuncia al ricorso, dichiarando che NOME è stato posto agli arresti domiciliari dal Tribunale di Catania e, dunque, sarebbe sopravvenuta la carenza di interesse a ricorrere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto il motivo proposto è manifestamente infondato e, comunque, diverso da quelli consentiti dalla legge.
La rinuncia al ricorso depositata in data 10 giugno 2024 non è, tuttavia, efficace, in quanto è stata sottoscritta solo dal difensore, privo di procura speciale.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è inefficace l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore sprovvisto di procura speciale, posto che la rinuncia, non costituendo esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato, espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale (ex plurimis: Sez. 2, n. 49480 del 31/10/2023, Esposito, Rv. 285663 01).
La sopravvenuta concessione degli arresti domiciliari al ricorrente, peraltro, non elide l’interesse a ricorrere di COGNOME, in quanto il difensore nel ricorso ha contestato in radice l’apprezzamento del Tribunale del riesame relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari e non solo la proporzionalità e l’adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere applicata.
Con l’unico motivo proposto il difensore ha censurato l’inosservanza degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale avrebbe motivato solo apoditticamente e genericamente sulle esigenze cautelari, non uniformandosi al principio di diritto dettato dalla sentenza rescindente della Corte di cassazione.
Il motivo è inammissibile. Le censuriLprospettate dal ricorrente non si confrontano con la motivazione dell’ordinanza impugnata, bensì con le prove esaminate dal Tribunale, sollecitandone una diversa lettura.
Tali censure, dunque, esulano dall’ambito del sindacato di legittimità sulle ordinanze adottate in materia cautelare personale ai sensi dall’art. 311 cod. proc. pen.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del
resto, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cessazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01).
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2024.