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Ricorso inammissibile: limiti del concordato in appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza di concordato in appello, ribadendo che la quantificazione della pena non è un motivo valido di impugnazione. L’ordinanza distingue tale posizione da quella di altri coimputati, i cui ricorsi, non essendo manifestamente infondati, sono stati rinviati per un esame più approfondito, disponendo la separazione processuale.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: i limiti del concordato in appello

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma impone precisi limiti all’impugnazione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta quando un’impugnazione contro tale accordo si traduce in un ricorso inammissibile, offrendo spunti fondamentali sulla strategia processuale. Analizziamo la decisione per comprendere la logica del legislatore e l’orientamento della giurisprudenza.

Il Contesto Processuale

Il caso trae origine dalla sentenza della Corte d’Appello di Milano, che, a seguito della rinuncia ai motivi di appello da parte di due imputati, applicava loro la pena concordata ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. Avverso tale decisione, tutti e quattro gli imputati nel procedimento proponevano ricorso per cassazione.

La Suprema Corte si è trovata a dover valutare distintamente le posizioni dei ricorrenti, giungendo a conclusioni differenti basate sulla natura dei motivi di ricorso presentati.

La Decisione della Cassazione e la separazione delle posizioni

La Corte ha operato una netta distinzione tra i ricorrenti.

Per tre degli imputati, il Collegio ha ritenuto che i ricorsi non potessero essere definiti come ‘manifestamente infondati’. Di conseguenza, ha escluso la possibilità di utilizzare la procedura semplificata de plano e ha ordinato la separazione dei fascicoli, trasmettendoli all’ufficio spoglio per un nuovo e più approfondito esame preliminare con le formalità ordinarie.

Per il quarto imputato, invece, l’esito è stato opposto. Il suo ricorso contestava la ‘carenza di motivazione in ordine alla quantificazione della pena inflitta’. Questa specifica doglianza è stata la causa della declaratoria di inammissibilità.

Il Principio di Diritto sul ricorso inammissibile

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato in materia di concordato in appello. Il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi specifici e circoscritti, quali:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze sono considerate inammissibili. In particolare, non è possibile contestare motivi a cui si è rinunciato, la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o, come nel caso di specie, vizi attinenti alla mera determinazione della pena, a meno che essa non sia illegale o di specie diversa da quella prevista dalla legge.

Le motivazioni della Corte

La motivazione della Corte è lineare e si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. Aderendo a tale procedura, l’imputato accetta la pena concordata e rinuncia implicitamente a contestarne la congruità. Permettere un successivo ricorso per cassazione sulla quantificazione della pena svuoterebbe di significato l’istituto, trasformandolo in un mero passaggio intermedio prima di un ulteriore grado di giudizio.

Il ricorrente, nel caso specifico, ha sollevato proprio una di quelle doglianze ritenute inammissibili dalla giurisprudenza costante: la critica alla ‘determinazione della pena’. Poiché tale motivo non rientra nel perimetro delle censure consentite, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile, condannando l’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica che preclude quasi ogni possibilità di successiva impugnazione sulla pena. Per la difesa, è cruciale valutare attentamente i benefici di un accordo sulla pena rispetto alla perdita della possibilità di far valere ulteriori motivi di ricorso. La decisione di aderire al concordato cristallizza la pena, rendendola non più contestabile nel merito della sua quantificazione. La porta della Cassazione resta aperta solo per vizi genetici dell’accordo o per macroscopiche illegalità della sanzione, un perimetro molto ristretto che impone una riflessione approfondita prima di intraprendere questo percorso processuale.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “concordato in appello” per contestare la quantità della pena?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le doglianze relative alla determinazione della pena non sono consentite, in quanto l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tali contestazioni, a meno che la sanzione inflitta non sia illegale o di specie diversa da quella prevista dalla legge.

Quali sono i motivi ammissibili per ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen.?
I motivi ammissibili sono limitati a questioni che inficiano la validità dell’accordo stesso, come vizi nella formazione della volontà della parte, la mancanza del consenso del pubblico ministero, o una decisione del giudice non conforme all’accordo raggiunto.

Cosa accade se un ricorso non viene ritenuto “manifestamente infondato”?
Se il ricorso non appare manifestamente infondato, non può essere deciso con la procedura semplificata e accelerata (de plano). In tal caso, la Corte dispone la trasmissione del fascicolo per un nuovo esame preliminare che si svolge con le formalità ordinarie, garantendo un contraddittorio più completo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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